sabato 6 febbraio 2021

FUGA SUL BARCONE PER EVITARE ALLE FIGLIE LA MUTILAZIONE GENITALE



Oggi, sabato 6 Febbraio, si celebra il Giorno Internazionale di Tolleranza zero verso la mutilazione genitale femminile, una vergognosa pratica che continua in 31 Paesi di Africa e Medio Oriente, nonostante che la legge la proibisca nella maggior parte di questi. Il timore dei problemi ginecologici che procura e il trauma di vedere la propria sorella di quattro anni sul punto di morte per un'incontenibile emorragia accompagnano tuttora Hawa Touré (nella foto in alto), fin dal giorno in cui la sottoposero all'ablazione dei genitali esterni, una pratica che può essere parziale o totale e che avviene tradizionalmente da secoli, senza che ci sia un valido motivo di natura medica che la giustifichi. Oggi Hawa torna ad alzare la voce perché chi ha autorità porti ascolto alle quasi quattro milioni di bambine che ogni anno nel mondo corrono il rischio di venire mutilate a causa di assurde credenze. In un'intervista racconta che quando la mutilarono aveva solo dieci anni e si rese conto di tutto: non solo del dolore che la pratica provoca, ma anche dei gesti orribili della persona che ha compiuto su di lei quella tremenda azione. 
«La ricordo come una strega» rivela. «La sua immagine si è fissata nella mia mente e non non si è mai sbiadita. Nessuna delle ragazze di Kaédi, il mio villaggio in Mauritania, ha potuto mai dimenticare quella orrenda faccia». Lì, tutte le giovani sono mutilate «perché non era considerato normale che alcune lo fossero e altre no», dice questa coraggiosa donna, che è arrivata a Fuerteventura nel 2004 da un Paese in cui l'ablazione è proibita da oltre un decennio. 
«Lì gli imam hanno firmato una fatua, tuttavia si continua ad attuare questa orrenda pratica di nascosto» afferma Hawa. «Ma perché a livello internazionale non si proibisce un'azione così nociva per le bambine e per le donne?»
Secondo l'Unicef, almeno 200 milioni di bambine e donne di 31 Paesi, di età tra i 15 e i 49 anni, sono state sottoposte a questa mutilazione che arreca dolore intenso fino a emorragie prolungate, infezioni, infertilità, rischi di contrarre l'Hiv e perfino la morte. 
Nel 2017 Hawa ha creato a Fuerteventura l'Associazione socioculturale di donne mauritane Dimbe, un'organizzazione che ne favorisce l'integrazione e si prefigge di evitare che continuino a subire questo tipo di pratiche. «Mi è costato molto riuscire a farlo, però mi ha sempre mosso il mio desiderio di evitare che qualcun'altra soffra ciò che ho patito io a dieci anni» confessa. «Se non lo avessi fatto, nessuno avrebbe potuto salvare almeno una piccola parte di delle quasi quattro milioni di bambine che nel mondo corrono il rischio di essere sottoposto alla mutilazione, più di 18 mila solo in Spagna. Anche qui alle Canarie ci sono tante bambine che potrebbe subire l'ablazione, e per questo ho deciso di creare la mia Associazione proprio qui. Si calcola che queste bambine siano circa 4.500. È difficile calcolarne esattamente la cifra, perché molte appartengono a famiglie non iscritte anagraficamente qui, e molte madri non dichiarano se sottoporranno o no le proprie figlie all'orribile pratica. Molte donne residenti in Europa non hanno l'intenzione di farle mutilare, però spesso, magari tornando con le famiglie in Africa per le vacanze, subiscono le pressioni delle suocere o delle zie». 
In Spagna, la mutilazione genitale femminile è punita con una pena che va da sei a dieci anni di detenzione. Durante questi anni, però, Hawa ha ascoltato molte storie che non la lasciano dormire tranquilla. Una delle ultime è quella di una famiglia che si è rivolta alla sua Associazione perché una bambina di 12 anni, rimasta in Mauritania per la mancanza del visto necessario ad approdare alle Canarie, si avvicina all'età in cui sarà data in sposa e può presto essere mutilata e poi costretta a un matrimonio forzato. «In Mauritania stanno cercando di farla sposare con un cugino e qui alle Canarie sua madre sta facendo tutto il possibile per farle lasciare il Paese ed evitarle la mutilazione e le nozze forzate che lei stessa ha dovuto subire a 13 anni» dice Hawa. 
La pandemia non è una buona alleata nella lotta contro l'ablazione femminile. Hawa ricorda che l'Oms, Organizzazione mondiale della Sanità, ha già lanciato un allarme sull'aumento di questa pratica perché in Africa molte famiglie non sono più in grado di mantenere le bambine e l'unica possibilità è darle in matrimonio e, di conseguenza, far subire loro la mutilazione genitale. Proprio per questo molte donne fuggono dal Paese portando con sé le proprie bambine, nel tentativo proprio di evitare loro la mutilazione che loro stesse hanno subìto. 
Da mesi Hawa si riunisce con le donne che arrivano sui barconi a Fuerteventura, le ascolta e cerca di assisterle e risolvere i loro dubbi. «Alcune vengono con problemi di salute, come certe infezioni croniche ai genitali, che ignorano come siano collegati alla mutilazione. Tutte, poi, hanno subìto violenze e stupri durante il loro viaggio verso le Canarie». 
Qui, alcune giovani desiderano sottoporsi alla ricostruzione chirurgica vaginale, ma sulle isole ciò non è possibile. Per farlo, comunque a carico di una Fondazione e non del servizio sanitario nazionale spagnolo, occorre infatti viaggiare fino a Barcellona. Perciò Hawa e la sua Associazione intendono lottare perché questo tipo di chirurgia si possa diffondere ovunque in Spagna e in Europa, e naturalmente anche alle Canarie. 

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