venerdì 3 aprile 2015

LA STRUGGENTE STORIA DI LEONOR, COSTRETTA A VIVERE IN UNA CASA SENZA ASCENSORE E PORTARE SU E GIÙ IL FIGLIO MALATO SULLE SPALLE


Si afferra al corrimano e si appoggia alla parete. Scende piano, senza il fiatone. Con suo figlio quarantenne sulle spalle. Colpito da paralisi cerebrale e distrofia muscolare, Manolo ha bisogno che sua madre se lo carichi addosso per i tre piani che separano la loro casa dalla strada. Leonor, la madre, è una vittima del caso. Il sorteggio in base al quale il Gobierno de Canarias ha aggiudicato 113 appartamenti nelle case popolari non ha tenuto conto delle sue necessità. Il caso, si sa, è impietoso. Non sa che cosa vuole dire avere un figlio di quarant'anni che non può muoversi e vivere al terzo piano di una casa senza ascensore. Per farlo uscire, se lo deve caricare sulle spalle. Con un braccio appoggiato al muro e l'altro afferrato al corrimano della scala, sale e scende i tantissimi gradini sui quali si eleva la sua casa, mentre Manolo si stringe al suo collo. Lo fa senza affanno, ma criticando a ogni passo la modalità con la quale il Gobierno de Canarias assegna gli alloggi sociali.
«Sono dieci anni che chiedo una casa adatta alle nostre esigenze, che mi cambino questa per una nuova che sia facilmente accessibile» spiega.
Fino a pochi giorni fa sperava davvero che finalmente si sarebbe vista assegnare la tanto sospirata casa nuova, situata al piano terra oppure dotata di ascensore, per non spaccarsi la schiena ogni volta. Poi, con disappunto, ha saputo che le autorità avrebbero scelto l'assegnazione degli alloggi mediante un sorteggio.
«La lotteria delle case è più ingiusto che studiare le situazioni caso per caso» sussurra dopo aver portato giù suo figlio «perché alla fine possono dare l'appartamento a una persona che non ha una grande necessità e che può camminare. Quando ho saputo a chi avevano assegnato le case ho provato tanta rabbia, ma poi mi sono detta: meglio andarsene senza litigare. Però quando sono uscita dalla sala del sorteggio non sapevo più chi ero né dove stavo andando, tanto ero furiosa, delusa e disperata».
Non smette di lamentarsi, Leonor, del modo in cui agisce il Gobierno de Canarias quando il numero delle richieste supera quello delle offerte, modo criticato anche dal partito Izquierda Unida il cui portavoce, Ramón Trujillo, ha qualificato come «indecente» il «bingo pre-elettorale» dell'assegnazione degli alloggi.
Di solito, dal lunedì al venerdì Manolo vive in un centro di accoglienza a San José de la Longueras (Telde), Gran Canaria, ma durante i week end, nei giorni festivi e in agosto resta a casa. È allora che la penitenza di Leonor prende la forma di quella maledetta scala. Per portare giù e su quel povero figlio.
Anche la sua casa attuale è un alloggio sociale. Le è stata assegnata molti anni fa, quando suo figlio era ancora in grado di camminare. Allora, quell'appartamento era stato un regalo, un bacio da parte della vita a una giovane donna che era stata cacciata di casa dai genitori per motivi familiari. Allora non le era importato che quell'appartamento di Lomo del Chinche (Barrio Atlántico, Las Palmas)  non avesse l'ascensore. I medici le avevano dato la speranza che il suo bambino non sarebbe peggiorato, ma si sbagliavano. Poi, la distrofia muscolare ha tramutato quella casa in una prigione.
In questi ultimi anni Leonor ha chiesto tante volte al Gobierno de Canarias un cambio di abitazione, ma invano.
«Sono ormai stanca di spostarmi di qua e di là per chiedere aiuto, di bussare a tutte le porte e di sentirmi sempre dire che non è possibile» dice sconsolata.
Sono dieci anni che chiede una casa adeguata, ma il destino suo e quello di Manolo è stato messo nelle mani di una impietosa lotteria. E adesso quella struggente immagine di lei, donna semplice ma dignitosa, ancora gradevole a sessant'anni di età, che porta sulle spalle il corpo morto di quel figlio un tempo e sempre tanto desiderato e amato, dovrebbe pesare sulle coscienze di chi, senza pietà, decide le sorti della povera gente.