martedì 19 novembre 2013

BENVENUTI AL ROQUE BENTAYGA, LUOGO STORICO E SACRO DI GRAN CANARIA









Dal 26 ottobre scorso, il Roque Bentayga, il monolito formatosi quattro milioni di anni fa proprio al centro della Cuenca de Tejeda (Conca di Tejeda, una località di Gran Canaria) è diventato una meta irrinunciabile per chi vuole scoprire le bellezze più caratteristiche e “arcane” dell'isola. Davvero si può dire che i visitatori del Roque Bentayga giungano un po' da tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda al Canada, dal Giappone alla Russia,  dall'Italia ai Paesi dell'Europa dell'est. Basta deviare dalla strada che porta ai villaggi di El Chorrillo, La Solana, El Roque o La Higuerilla, e dopo qualche centinaio di metri verso la sinistra della statale GC-671 comincia lo spettacolo straordinario di rupi e faraglioni che ricordano un paesaggio lunare. Giunti al Centro de interpretación, un Centro informazioni diremmo noi, ricavato da una sorta di grotta scavata nell'edificio vulcanico e sul cui “tetto” si può parcheggiare l'auto , si è accolti da una gentile guida che accompagna i turisti in una visita gratuita (così come gratuito è anche l'ingresso al sito), della durata di una mezz'ora, su e giù per i sentieri, le grotte e i tesori a cielo aperto che il Roque Bentayga racchiude (un po' come anche il suo “confratello”, l'ancor più celebre Roque Nublo, poco distante da lui), per far loro ammirare dall'alto lo stupendo panorama di quella che in tempi remoti fu una caldera vulcanica, in seguito sprofondata su se stessa. Il percorso, così come il Centro de interpretación, è stato ripulito e rimesso a nuovo, e inoltre dotato di pannelli esplicativi e anche di diversi appigli sistemanti appositamente nel caso sfortunato in cui, dopo aver ignorato i segnali di avvertimento qualcuno… perda l'equilibrio e finisca diritto sul fondo della Biosfera!
L'affluenza di pubblico naturalmente aumenta durante i week end quando, mescolati ai turisti stranieri, si possono notare anche diversi canari, magari per la prima volta allo scoperta di questa meraviglia della natura, di questo luogo carico di ricordi anche drammatici. Fu qui, a oltre 1400 metri di altitudine, tra rocce e speroni, spaventosi precipizi e fenditure, che si rifugiarono gli abitanti dell'isola durante uno degli ultimi episodi di resistenza nei confronti dei “conquistadores” spagnoli, nell'aprile del 1483. L'assalto agli indigeni era comandato da Pedro de Vera che, nonostante avesse dispiegato molti uomini armati di spada per annientare quelli che chiamò “barbari”, questi, a furia di lanci di tronchi d'alberi, pietre e tutti gli oggetti contundenti che trovarono sul posto riuscirono a decretare la ritirata degli spagnoli, i quali arretrarono dopo aver lasciato a terra otto morti e un buon numero di feriti.
A organizzare quella strenua difesa dall'alto del Bentayga fu un certo Bentejuí. Purtroppo, però, lui e i suoi uomini furono vinti dalla forza spagnola, il 29 aprile di quello stesso anno 1483, nel luogo dove poi fu costruita Santa Lucía de Tirajana. Ma il Roque Bentayga è sempre là, solido e incrollabile, come stesse sempre all'erta per vedere se per caso stiano ritornando quelli che si arresero ai “barbari” e alle sue impervietà, ai suoi picchi e ai suoi precipizi.
Ma il Bentayga non è un ruolo sacro solo per questo. Da secoli era anche il rifugio de los Guanches, gli antichi indigeni canari, che in questo luogo anticamente avevano scavato stanze-grotte in cui vivevano al riparo dalle intemperie e seppellivano i loro morti, come quella chiamata “del Guayre” o “del Rey” (del Re), una delle più spettacolari che esistano a Gran Canaria.
Di ritorno nel Centro de interpretación, si può tranquillamente ripetere questo percorso attraverso cinque secoli grazie a proiezioni in tre dimensioni, una mostra delle famose armi contundenti scagliate dai “barbari” più altre in ferro e acciaio recuperate in altri siti, scritti di storici, una ricostruzione topografica e cartografica dei suoi luoghi più significativi, come appunto la Cueva del Guayre, le decorazioni e incisioni rupestri e un muro di fortificazione, lungo molti metri, ultimo bastione del Roque Bentayga, come tanti altri monumenti tanto spettacolare quanto sacro.

venerdì 15 novembre 2013

L'ARCIPELAGO DI CHINIJO, ACCANTO A LANZAROTE, DELIZIA PER GLI OCCHI E PARADISO PER CHI AMA LE IMMERSIONI SUBACQUEE

Un'isola, quattro isolotti e 70.700 ettari di mare: ecco l'arcipelago Chinijo. Quasi “dimenticato” nella parte orientale delle Canarie, è un luogo dove immergersi tuffarsi vuole dire addentrarsi nella maggiore biodiversità di questa porzione di Oceano Atlantico, con acque chiare e trasparenti e una vita che trae sostentamento delle grandi quantità di nutrienti trasportati dalle abbondanti correnti marine.
Un passaggio attraverso le rocce di Famara, al nord di Lanzarote, è sufficiente per scoprire la spettacolare vista della Riserva Marina con l'isola di La Graciosa e gli altri isolotti, la più grande in Europa, quella che conserva sotto le sue acque un vero mosaico di flora e fauna tipiche dei Tropici. I flussi di acqua fredda e ricca di nutrienti che giungono dalla costa africana e la estesa piattaforma della zona fanno dell'arcipelago Chinijo un ambiente marino con fondali poco profondi e acque chiare, ben illuminate, ricche di pesci grandi e specie spettacolari, che sotto i raggi solari mostrano gli splendidi colori fluorescenti. Certi fondali, tuttavia, sono scoscesi come è tipico delle zone vulcaniche e in essi si sono formate spettacolari gallerie e tunnel sottomarini all'interno dei quali la vita sorprende per la sua spontaneità e scattare fotografie diventa un vero piacere.
La Graciosa è l'unico luogo abitato dell'arcipelago Chinijo: appena 500 persone il cui sostentamento principale è la pesca. Gli altri isolotti, Alegranza, Montaña Clara, Roque del Este e Roque del Oeste sono semplicemente eruzioni vulcaniche i cui migliori segreti sono conservati sotto la superficie del mare. Infatti un tunnel sottomarino attraversa da un lato all'altro Roquel del Este e ospita una quantità di specie marine difficilmente apprezzabili in altri luoghi. Aragoste di grande volume, tra cui quella canaria, esclusiva di questi mari, volteggiano tra le pareti dei tunnel, mentre attorno a loro tutti i tipi di pesci convivono nell'habitat marino più vergine delle Canarie. E anche il più selvaggio. Circa 228 diverse specie sottomarine hanno deciso di installarsi in questo luogo nel quale lo stress è bandito. Ma completano il paesaggio sottomarino altre 300 specie di flora marina. Senza dimenticare gli squali. Attraverso l'arcipelago ne viaggiano di tanto in tanto diverse specie, soprattutto esemplari di quella denominata Angel o Angelote, di aspetto mite e che amano cacciare le prede seminascosi
nella sabbia.
Altre attrattive dell'immersione in queste acque sono i resti pietrificati che si conservano da alcuni secoli, indizi di qualche battaglia piratesca, poiché questa era una zona di transito di corsari. Precisamente nell'area nota come El Veril del Ancla, nel braccio di mare tra le Rocce di Famara (Lanzarote) e il Puerto de Caleta de Sebo (La Graciosa), ci si può immergere tra numerose ancore di navi pirata, che con il trascorrere del tempo sono diventate parte del paesaggio sottomarino e rappresentano un rifugio naturale per le tante specie che si sono abituate a vivere al riparo dai tanti pericoli di un luogo così selvaggio.
Nell'arcipelago Chinijo sono almeno una dozzina i punti di immersione a disposizione. Uno di questi, conosciuto con il nome di Los Ojos de Dios (Gli Occhi di Dio) si distingue per la spettacolarità del suo paesaggio sottomarino. L'effetto della luce che penetra attraverso le numerose caverne sommerse presenti in questo luogo, solcate dalle colate di lava, ha dato luogo a questo nome. Ed è difficile vedere una tale ricchezza di vita in altri luoghi.
In corrispondenza della costa di Montaña Clara, a circa quaranta metri di profondità, si possono poi ammirare diverse specie di corallo arancione, probabilmente le uniche in tutte le Canarie, la cui altezza può raggiungere i due metri. Poco distante, il fondale può sprofondare fino a 800 metri, ed è qui che si possono avvistare tonni che possono raggiungere anche i 200 chili di peso.
Nell'isola di Alegranza, poi, una grotta sottomarina alla quale manca la volta nella sua parte terminale forma uno degli scorci più spettacolari che la natura abbia mai creato, e qui l'effetto ottico che determina un branco di barracuda è davvero spettacolare.
Così trascorre la vita nell'arcipelago di Chinijo, il cui mare è il più vergine e selvaggio che si possa ammirare in prossimità del parallelo 28.