mercoledì 31 agosto 2016

LE “INVISIBILI” PIRAMIDI DI GUĺMAR NEL RACCONTO DI THOR HEYERDAHL


Ecco come l'esploratore norvegese Thor Heyerdahl* (foto sopra) raccontava la scoperta delle “invisibili” piramidi di Guímar, sull'isola di Tenerife, sfuggite perfino all'osservazione degli studiosi dell'Università La Laguna.

Un solo oceano mancava alla mia ricerca lunga una vita. Di fronte a un solo oceano i navigatori adoratori del sole, che hanno innalzato piramidi a gradoni in qualunque luogo i venti, le correnti e la loro perizia li avevano condotti, pareva non avessero lasciato monumenti in onore del loro dio prima che gli europei arrivassero e si dichiarassero “scopritori”: l'Atlantico. Ma ancora una volta la realtà ha saputo superare la fantasia. Improvvisamente, quasi magicamente, una piramide di solida pietra perfettamente preservata mi si è parata di fronte agli occhi nel bel mezzo di una città, su un'isola dell'Atlantico dove giungono ogni anno due milioni di turisti e con un'eccezionale università a mezz'ora d'auto di distanza! La sensazione che si trattasse di magia era enfatizzata dal fatto che questa volta non era stato né il governo né uno scienziato curioso a portarmi a una simile scoperta, ma un gruppo esoterico che era stato attratto da queste strane strutture e le aveva elette a proprio sito per la meditazione.
Il discendente di uno ei primi conquistatori delle isole Canarie, Emiliano Bethencourt, aveva recentemente fondato la Confederazione internazionale di Atlantide e, con un piede nella Terra perduta e un altro nella più realistica ricerca storico-archeologica, stava raccogliendo prove che la misconosciuta popolazione aborigena delle Canarie, i cosiddetti Guanci, aveva costruito piramidi a gradoni e terrazze in pietra su cui venivano celebrate danze e cerimonie in adorazione del dio sole molto prima dell'arrivo degli europei. Portato da alcuni membri della setta esoterica a vedere le impressionanti strutture di Chacona, nel bel mezzo della città di Guímar a Tenerife, egli incoraggiò uno dei suoi amici a raccontare la suggestione “metafisica” di quel sito nella sua rubrica dedicata al paranormale su un quotidiano locale. L'articolo, proprio a causa del contesto, era certo destinato a passare inosservato se non avesse contenuto anche una fotografia che, vista da un turista curioso, è stata diligentemente ritagliata e speditami per posta.
Il mio primo impulso, una volta vista la foto, fu quello di ritenerla uno scherzo: la fotografia evidentemente era stata fatta in Messico oppure un miliardario eccentrico aveva fatto costruire delle piramidi a Tenerife per uno suo sfizio personale. Telefonai comunque a un mio vecchio amico, l'armatore norvegese Fred Olsen, che possiede alcune proprietà alle Canarie. Non avevo ancora guardato per la seconda volta le nuove immagini che mi erano state mandate, questa volta staccate dalla sua famiglia, che ero già a Tenerife assieme a Bethencourt, di fronte alla piramidi di Chacona.
Secondo alcuni, erano state costruite alla fine del secolo da un isolano tornato dall'America, ricco al punto da riempire d'oro la stiva di una nave e di far costruire qui piramidi come quelle che aveva visto laggiù. Seppi più tardi che il ricco emigrante era stato in Venezuela, dove non ci sono piramidi.
Quella sera stessa andai da solo a visitare le imponenti e misteriose strutture di pietra che tutti avevano sotto gli occhi e che nessuno pareva avere mai visto fino ad allora. Ce n'erano parecchie intorno disposte su terrapieni e separate da una piccola valle. Improvvisamente un uomo alto dai capelli biondi apparve al mio fianco e mi chiamò per nome. «Chi sei?», gli chiesi. «Sono un Guanci», mi rispose come se fosse davvero un fantasma del passato. «Credevo non ci fossero più Guanci», dissi, «mi hanno detto che furono tutti sterminati dai conquistatori spagnoli». «Sono un Guanci da parte di madre e di padre» sottolineò lui pacato e io mi sentii obbligato a chiedere: «Allora tu puoi dirmi chi costruì queste piramidi?». Restò in silenzio per un lungo momento poi disse: «Si dice che si tratti soltanto di mucchi di pietre accumulate dai contadini per ripulire i campi…». «E tu ci credi?», gli chiesi guardandolo dritto negli occhi. Egli sostenne il mio sguardo e scosse la testa: «Forse però è stato un bene che questo sia stato creduto».
Da allora capii che una parte della popolazione locale aveva protetto queste antiche strutture pre-cristiane da chi forse avrebbe potuto distruggerle se ne avesse conosciuta la destinazione originaria.
Fred Olsen nel frattempo ha acquistato l'intera area di Chacona nell'intento di proteggerla e ne ha fatto un parco archeologico. E quando i ricercatori dell'Università La Laguna si unirono finalmente a noi per iniziare lo scavo non fu difficile scoprire che non si trattava di mucchi di pietre sovrapposte, ma di strutture architettoniche orientate verso il sole, fatte di pietra amalgamata con ghiaia e argilla, rivestite esternamente con blocchi di lava con la parte a vista ben smussata e in allineamento tanto perfetto da da essere necessaria la perizia di un ottimo muratore dotato di spago e picchetti. Le fessure tra questi sono riempite da frammenti più piccoli, gli angoli sono pietre angolari ben tagliate e le scalinate cerimoniali salgono da ovest a est fino alla cima di ogni piramide, perfettamente piatta e pavimentata per la danza o altri rituali.
Non abbiamo trovato materiale adatto alla datazione con il radio-carbonio, perciò per ora non possiamo dire quando queste piramidi furono costruite. Probabilmente si tratta di monumenti più etnografici che archeologici. Anche se sono probabilmente gli ultimi resti di una antichissima tradizione, è possibile che fossero ancora in uso quando il primo spagnolo approdò sulle isole.
Resta in sospeso una domanda. La domanda che mi porto dietro da tutta la vita: chi furono quei navigatori costruttori di piramidi che qui alle Canarie come in Perù, nell'Asia come nella Polinesia, amavano attraversare l'oceano e adoravano il sole?

Thor Heyerdahl
(tratto da Airone Mare, Estate 1994)




Thor Heyerdahl (Larvik, 6 ottobre 1914  Colla Micheri, 18 aprile 2002) è stato un antropologo, esploratore, regista scrittore norvegese.
Biologo, specializzato all'Università di Oslo in antropologia delle isole del Pacifico, divenne in realtà famoso per la sua attività da archeologo. Infatti mise in discussione le teorie contemporanee sulla diffusione umana via mare sul pianeta, non esitando ad organizzare ardite navigazioni con natanti rudimentali per dimostrare la possibilità di viaggi transoceanici in epoca antica.
I suoi progetti navali si basavano su precise documentazioni storiche o protostoriche ed erano eseguiti con l'aiuto di maestranze indigene abili in lavorazioni simili a quelle antiche. I dubbi della comunità scientifica dell'epoca si riferivano generalmente all'uso di materiali poco noti e ritenuti inaffidabili quali legno di balsapapiro e giunco.
Fu anche autore di documentari sulle sue spedizioni. Kon-Tiki ricevette l'Oscar al miglior documentario nel 1952,[1] mentre Ra(The RA Expeditions) fu candidato allo stesso premio nel 1972.[2]
Nel 1970, con un'imbarcazione di papiro come quelle usate dagli antichi Egizi, il Ra II, attraversò l'oceano Atlantico dalMarocco alle Antille. Nel 1977 un'altra imbarcazione di Giunchi, il Tigris, navigò dalle rovine di Babilonia (Iraq) alle Maldive e da lì a Gibuti.
Grazie alla spettacolarità delle sue imprese, documentate ed esposte nel Kon-Tiki Museet di Oslo, molte delle sue teorie, soprattutto sulle origini delle popolazioni polinesiane, risultarono le più diffuse, anche più di quanto meritassero in termini di conferma. Se, da un lato, gli sviluppi successivi dell'archeologia e della genetica (l'analisi del DNA mitocondriale ha rivelato che le popolazioni polinesiane sono arrivate da Occidente: Corno d'Africa, Centro Asia, India, Indonesia, Australia) sembrano smentire la sua teoria della discendenza delle popolazioni polinesiane e dell'Isola di Pasqua anche da popolazioni amerinde, dall'altro è certo che il suo contributo è indiscutibile sotto molti aspetti.
Ad esempio, la stagione di scavi del 1955 presso l'Isola di Pasqua, in assoluto la prima vera campagna archeologica, ha permesso di chiarire molti aspetti rendendo possibili gli studi successivi, anche quelli che hanno prodotto smentite di alcune sue conclusioni. I suoi studi e le sue spedizioni hanno comunque dimostrato che in epoche molto antiche le rotte marine erano solcate abitualmente e che gli scambi culturali erano molto più fiorenti di quanto si pensasse.
(da Wikipedia)

giovedì 18 agosto 2016

I GUANCI E LE PIRAMIDI CHE COSTRUIRONO A GUĺMAR, SULL'ISOLA DI TENERIFE: IL MISTERO CONTINUA




Immagino avrete sentito parlare dei Guanci, gli antichi e misteriosi abitanti aborigeni delle Canarie, dalle origini sconosciute e poi sterminati durante la colonizzazione spagnola. A me la loro storia ha sempre affascinato e, sorpresa, in un vecchio numero della rivista Airone mare, risalente addirittura all'estate del 1994, ho trovato due articoli molto importanti ed esplicativi su di loro. Mi prendo la briga di riportarli qui, essendo molto lunghi. Ma penso possano dare un contributo alla conoscenza di queste magnifiche isole con la loro significativa storia, troppo spesso conosciute solo per i divertimenti che ora offrono a un turismo di massa, e non per la loro importanza nel mondo antico (e moderno). Ecco dunque il primo dei articoli, di cui è autore l'importante storico Valerio Massimo Manfredi (in un post successivo, il secondo articolo).

di Valerio Massimo Manfredi
Erano lì, sotto gli occhi di tutti, probabilmente da parecchi secoli, e nessuno, si può dire, ci aveva fatto caso. Nemmeno gli studiosi dell'Università La Laguna di Tenerife che sorge a poco più di trenta chilometri di distanza. Ci voleva Thor Heyerdahl ad agitare le acque.
Le Canarie sono il ponte tra Vecchio e Nuovo Mondo, si sa che erano frequentate dai Fenici e dai Cartaginesi, grandi e audaci navigatori che vi facevano sosta nelle loro rotte verso il golfo di Guinea o forse addirittura verso terre ben più lontane. La presenza di piramidi a Tenerife non poteva non interessare l'esploratore norvegese che ha dedicato la vita a dimostrare i contatti tra le antiche civiltà attraverso gli oceani.
Era innanzitutto riuscito a convincere il suo amico Fred Olsen, il noto armatore miliardario, ad acquistare l'intera area in cui sorgevano i monumenti oltre a un vecchio edificio coloniale, forse la più antica costruzione dell'isola di Tenerife che avrebbe potuto ospitare, in futuro, un museo.
Nel 1992 iniziarono le operazioni di pulizia del grandioso complesso, che risultò esteso su una superficie di oltre quarantamila metri quadrati, costituito da una serie di piramidi a gradoni, da lunghe vie, da recinti di muro a secco.
Interpellati, gli studiosi dell'Università La Laguna avevano dato una spiegazione sconcertante: a loro avviso si trattava delle pietre rimosse dai campi dei contadini e ammucchiate in quel luogo. Heyerdahl, ovviamente, non vi credette per un solo momento: troppa era la perfezione delle strutture, il rigore delle forme, l'imponenza delle costruzioni perché si trattasse di casuali mucchi di pietre ammassate. Gli astronomi dell'università rilevarono ben presto che i maggiori monumenti erano perfettamente allineati con la posizione del sole durate il solstizio d'estate mentre un accurato esame delle piramidi permise di scoprire che in taluni casi la roccia sottostante era stata tagliata per mantenere l'allineamento con le strutture murarie. Purtroppo non c'era in nessun luogo uno strato archeologico che potesse essere oggetto di scavo per cui non fu possibile recuperare la cronologia dei monumenti. Appariva comunque abbastanza evidente che si trattava di manufatti di grande pregio e importanza e che, con ogni probabilità, la loro destinazione doveva essere stata di carattere rituale connesso alla civiltà aborigena delle isole Canarie: quella dei cosiddetti Guanci. Ed era forse anche in questo fatto la spiegazione dell'oblio in cui era stato tenuto per tanti anni un complesso monumentale di quell'importanza.
La Spagna franchista, rigidamente centralista, aveva sempre scoraggiato o avversato sia le autonomie sia le culture locali e quindi anche la cultura canaria. Basta incontrare oggi gli studiosi di antichità isolane per vedere come la valorizzazione della storia e dell'archeologia dell'arcipelago sia un tutt'uno con lo spirito autonomistico che rivendica alle Canarie l'indipendenza politica. Taluni si spingono al punto di sostenere che il popolo canario sia legato al mondo africano.
In realtà, degli antichi Guanci non resta praticamente traccia. Nella sfortunata lotta di resistenza contro gli invasori spagnoli nel corso del XIV e del XV secolo, gli aborigeni furono quasi completamente sterminati. Si può dire anzi che l'assoggettamento delle Canarie fu per gli Spagnoli una specie di prova generale per la successiva conquista del Nuovo Mondo.

Cancellati dalla storia. Di origine quasi certamente berbera, come dimostra il loro linguaggio, parzialmente conservato nelle opere degli storici della conquista, i Guanci erano una popolazione primitiva che abitava in tutte le isole dell'arcipelago vivendo prevalentemente di pastorizia e reggendosi con un sistema tribale a capo del quale c'era il guanarteme, ossia il re. Vestivano di pelli rozzamente conciate, si cibavano di farina di miglio bruciata sul fuoco (il gofio), veneravano divinità legate alla natura e imbalsamavano i cadaveri chiudendoli dentro sacche di pelle di capra o dentro sarcofagi scavati nei tronchi d'albero. Ignoravano del tutto la navigazione, tanto che resta ancora un mistero come abbiano potuto emigrare dall'Africa in numero significativo.
La prima esplorazione sicuramente documentata dell'arcipelago risale all'età di Augusto quando il re della Mauritania, Giuba II, alleato di Roma, navigò con una flotta da Mogador e descrisse le isole una per una identificandole poi con le mitiche Isole Fortunate, secondo la definizione di Esiodo che così indicava una sorta di paradiso terrestre degli antichi situato nell'estremo occidente oltre le colonne d'Ercole.
In realtà, stando alla testimonianza delle fonti, è lecito supporre che le Canarie fossero frequentate da molto prima che vi mettesse piede il re della Mauritania. I piloti della sua flotta, in primo luogo, erano certamente Fenici di Lixus o di Mogador, due città che erano quasi certamente la base di partenza per le rotte dell'oro che conducevano all'Africa equatoriale.
È difficile pensare che simili spedizioni, attestate da fonti sia greche sia puniche, ignorassero l'arcipelago canario, preziosa base intermedia per rifornimento di cibo e acqua. Particolarmente interessante è un passo di Pindaro dall'Olimpica II che racconta di un “cammino degli dei fino alla torre di Chronos”, nelle Isole Fortunate. Sappiamo che in età successive l'isola di Tenerife era nota anche come “isola di Saturno”, il dio assimilato al greco Chronos e a fenicio Baal. La “torre di Chronos” di cui parla Pindaro potrebbe essere la versione greca di un'espressione punica che suonava come “la torre di Baal” e che indicava il vulcano Teide nell'isola di Tenerife, vero e proprio punto di riferimento per la rotta verso le Canarie. La sua forma piramidale si accosta benissimo al concetto di torre (nel senso di ziggurat) e lo stesso Heyerdahl racconta che poche ore dopo essere salpato con il Ra da Safi vide all'orizzonte il Teide, coperto di neve e con la sua tipica forma a piramide.
L'opera di Giuba è purtroppo perduta, ma ne resta un breve riassunto nel libro IV nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Tra le altre cose vi si dice che il re trovò in una delle isole dei cani di grossa taglia e ne portò con sé alcune coppie per addestrarli essendo un appassionato cacciatore. E fu da quei cani che l'isola venne battezzata Canaria, nome che fu esteso in seguito a tutto l'arcipelago. Plinio non fa alcune menzione di abitanti ma in un passo successivo della sua opera ricorda un popolo dell'Africa occidentale detto dei Canarii, perché si nutrivano di interiora di animali come fanno i cani. In realtà è noto che ancora nel 1700 quella zona era abitata da un popolo detto Ganar e non possiamo escludere che dal nome dato a questa etnia derivi quello dell'arcipelago, piuttosto che dai cani giganti di Giuba. È interessante comunque notare che esiste tuttora una razza di cani aborigeni chiamati perros majoreros, animali di grossa taglia e di tipologia molossoide, molto simili a quelli rappresentati in un in un famoso bronzo della città di Volubilis in Marocco. Non si può escludere che fossero stati importati nelle isole dai navigatori fenici che li allevavano nel Vicino Oriente.
Quando nel XIV secolo una spedizione portoghese guidata dal capitano fiorentino Angiolino del Tegghia de' Corbizzi riscoprì le Canarie, il suo nocchiero, Niccoloso da Recco, stese un'accurata relazione che confluì poi in un'operetta del Boccaccio, il De Canaria, che potremmo considerare come il primo esempio moderno della letteratura delle scoperte. In questa relazione si racconta, fra le altre cose, che in un tempietto venne trovata la statua di un uomo nudo che teneva una sfera in una mano e copriva le vergogne con il tipico costume canario: una sorta di pantaloni fatti di foglie di palma. Con ogni probabilità si trattava di una statua antica, probabilmente romana, che rappresentava un imperatore e che i Guanci avevano abbigliato alla loro maniera identificandola con una qualche loro divinità.
Purtroppo la conquista spagnola disperse o distrusse in gran parte le testimonianze, certamente preziosissime, delle età più remote della storia insulare e l'occasione irripetibile che si presentò ai primi esploratori del Rinascimento di rilevare una situazione intatta da millenni andò purtroppo in massima parte sprecata. Oggi i reperti della archeologia insulare si trovano per la maggior parte riuniti nei due principali musei di Santa Cruz di Tenerife e di Las Palmas di Gran Canaria e comprendono soprattutto le mummie e i poveri corredi rinvenuti nelle sepolture degli aborigeni. Non sono però trascurabili le testimonianze risalenti all'età antica: una serie di anfore romane rinvenute prevalentemente nelle acque di Lanzarote e non poche iscrizioni romane graffite sulle rocce, sempre a Lanzarote.

Le piramidi dimenticate. È difficile stabilire quale fosse il significato del grande complesso monumentale di Guímar ora valorizzato da Thor Heyerdahl. Una possibilità si può però indovinare nelle descrizione delle isole fatta da Torriani, un architetto del '500: in una stampa è rappresentata una scena della tipica “lotta canaria”, uno sport in cui i contendenti si battono con lunghe pertiche sopra una piattaforma di pietra. Doveva essere, nell'antichità, una lotta rituale, un po' come erano i ludi ginnici presso gli antichi greci e aveva certamente un significato religioso. Può darsi che questo fosse lo scopo o uno degli scopi delle piramidi a gradoni esplorate da Heyerdahl, e presenti, sembra, in altre parti dell'isola.
Da dove gli aborigeni ne avessero derivata la tipologia è ancora un mistero e così pure la sofisticata tecnica di costruzione, assai singolare se si pensa che la cultura dei Guanci non è ritenuta superiore alla fase neolotica. Uomini dell'età della pietra che erigono templi e adorano il Sole? Le mitiche Isole Fortunate, prima descritte dai poeti e poi scoperte dai marinai, non hanno ancora svelato tutti i loro misteri.
                                                                                                                        
                                            


mercoledì 17 agosto 2016

DAME SHIRLEY BASSEY ANCORA EMOZIONATA PER LA SUA VACANZA A GRAN CANARIA, IN CUI HA CONOSCIUTO LA SUA IMITATRICE: ARMANI D'YVINE DUFUSS




La sua visita a Gran Canaria data già qualche settimana fa, ma ancora qui tutti parlano del fascino e della classe di Shirley Bassey, ospite graditissima dell'Hotel Lopesan Costa Meloneras (nella foto in alto è con lo staff dirigenziale) giusto il tempo per passare una serena vacanza nella bella località del Sud dell'isola e assistere allo sfolgorante spettacolo Maspalomas di notte che si tiene tutte le sere al Gran Casino Costa Meloneras e la cui star è… lei, seppure impersonata da un'artista trasformista che la imita alla perfezione. La grande cantante inglese, celebre in tutto il mondo anche per aver interpretato le colonne sonore di tre film della serie di James Bond, ha assistito molto emozionata allo show, del quale i suoi più stretti collaboratori le avevano parlato in termini entusiastici, invitata dai suoi amici Fidel Rodríguez e Manuel Dalgó, direttori dello spettacolo.
Sebbene non si sia esibita in alcuno dei suoi celebri brani musicali, la diva della musica degli Anni '60 e '70, ha voluto passare per il back stage dello spettacolo per salutare tutti gli artisti che vi partecipano e felicitarsi con loro dell'eccellente lavoro. Il momento più emozionante è stato proprio l'incontro con l'artista che da anni la imita perfettamente in tutte le sfumature dei suoi gesti e delle sue espressioni, prendendone in prestito la voce: Armani D'Yvine Dufuss. Nei video seguenti tratti da YouTube, il momento dell'incontro tra le “due” Shirley Bassey e parte di un'esibizione di Armani D'Yvine al locale Fanny Boys del Centro Commerciale Yumbo di Maspalomas-Playa del Inglés nei panni, appunto, della grande cantante inglese. Il loro incontro ha suscitato enorme emozione anche tra gli altri artisti di Maspalomas di notte e tra il pubblico presente, lasciando in tutti, anche nella cantante stessa, un ricordo indelebile nel tempo.





RAY ZAPATA, GINNASTA PER CASO: LA STRAORDINARIA VITA DELL'ATLETA DOMINICANO DIVENTATO CANARIO



La vita di Ray Zapata cambiò completamente dopo aver consultato un medico della Repubblica Dominicana. Allora non aveva ancora compiuto otto anni e soffriva già di mal di testa molto forti. Si trattava di un'emicrania molto severa e preoccupante per la sua età, come gli fu confermato in seguito, ma allora un medico gli diagnositcò per errore un “principio di epilessia”. In realtà non aveva mai sofferto un attacco di questa malattia, tuttavia dovette sottoporsi a un trattamento con farmaci molto potenti e costosi. La sua famiglia, che viveva senza grandi mezzi appunto nella Repubblica Dominicana, non aveva il denaro sufficiente per continuare a comperarli, così i suoi genitori presero una decisione drastica: Raysa, sua madre, sarebbe emigrata da sola alle Canarie, e precisamente a Lanzarote, dove viveva una cognata. Arrivò a Arrecife  e cominciò a farsi in quattro per aiutare il marito e i quattro figli che erano rimasti nel suo Paese d'origine. Lavorando duramente come domestica riuscì a racimolare e a mandare al marito il denaro per comperare le medicine per Ray. Finché un giorno si mise in contatto con un'associazione di malati di epilessia, dove le spiegarono che uno ha o non ha l'epilessia, non può avere “un principio”. A Santo Domingo, il padre convinse di questo i medici che ritirarono la loro diagnosi e tolsero a Ray i farmaci gradualmente.
«Però ci è mancato poco che me lo ammazzassero» afferma adesso Raysa, proprietaria assieme al marito, Julio Zapata, del bar Tinache di Arrecife.
Raysa arrivò a Lanzarote nel 2000 e per garantire la salute del figlio Ray restò più di due anni senza poter ritornare a casa a rivedere i familiari. Finalmente, quando ottenne la nazionalità spagnola, poté chiedere che si ricongiungessero a lei, così da poter curare al meglio il suo Ray. E adesso, dopo sedici anni dal suo arrivo nell'isola dei vulcani, Ray Zapata non solo ha superato completamente quell'episodio della sua infanzia che ha cambiato il suo destino, ma è anche diventato un atleta olimpionico.
Ormai stabilitosi a Lanzarote, dove è arrivato a dieci anni di età, infatti si appassionò quasi subito alla ginnastica artistica. «Era un chico pieno di energie e aveva bisogno di praticare molto sport, per cui cominciò facendo atletica e pallacanestro» ricorda ancora Raysa. «Riuscì ad abbinare entrambe finché scoprì la ginnastica, che è tuttora la sua passione».
«Cominciai a praticarla all'età di undici anni, molto in ritardo rispetto ai miei compagni di club di Arrecife» spiega Ray. «Però, con duri allenamenti, l'anno seguente ero già a un buon livello di preparazione. Tanto che ben presto cominciai a vincere i campionati che si svolgevano alle Canarie, nelle specialità parallele e salto, le mie preferite, nelle quali gareggio a Rio de Janeiro. A 17 anni, dopo aver ottenuto la nazionalità spagnola, mi offrirono di andare ad allenarmi al Centro di Alto Rendimento di Barcellona con la direzione tecnica di Victor Cano. Tre anni dopo, la selezione mi chiamò a far parte della squadra per competere a livello internazionale e così, a 20 anni, decisi di andare a Madrid».
Le giornate di Ray si svolgono sempre in modo molto regolare, settimana dopo settimana. «Mi alzo verso le 9 e faccio colazione» racconta «poi mi alleno dalle 10 fino alle 14, dopo di che  pranzo e faccio una breve siesta. Torno ad allenarmi a partire dalle 16,30, però in maniera molto soft, con fisioterapia, sauna, spa e altro ancora per scaricare  muscoli e riposare. Quest'anno, inoltre, ho deciso di sospendere i miei studi per diventare Tecnico delle attività fisiche sportive e di concentrarmi sulle gare olimpiche, ma dopo Rio li riprenderò».
Ray assicura di accettare senza problemi i sacrifici che la sua attività impone. L'unica cosa che gli pesa di più è stare lontano dalla  famiglia, anche se ormai è un adulto e sa di dover trovare la propria strada in piena autonomia.
«Se la ginnastica ti piace, però, non è assolutamente un sacrifico, ma anzi un'attività che ti dà grandi soddisfazioni» dice convinto Ray, che adesso si allena sotto la guida di Fernando Síscar, il selezionatore spagnolo. «Ma se sono arrivato fin qui devo ringraziare chi, alle Canarie, ha creduto in me e mi ha aiutato anche con contributi finanziari per consentirmi di continuare ad allenarmi e gareggiare. E devo ringraziare anche quella diagnosi sbagliata, che mi ha portato ad approdare all'altra parte dell'Atlantico e mi ha permesso di vivere un autentico sogno».




PER JUSTIN BIEBER UNA CASA PER LE VACANZE A LANZAROTE. ECCO LE FOTO


Alla fine anche Justin Bieber, come tanti altri divi del mondo dello spettacolo, ha ceduto al fascino delle Canarie. È di questi giorni la notizia che il popolarissimo cantautore e musicista canadese, autentica rivelazione della pop music di questo secondo decennio del XXI secolo e indiscusso sex symbol per milioni di teen agers, ha concluso le trattative per l'acquisto di una casa a Lanzarote per trascorrervi le vacanze lontano dallo star system ogni volta che non è impegnato nella registrazione dei suoi favolosi album o nei suoi applauditissimi tour mondiali. Dal suo entourage non sono finora efiltrati particolari circa l'acquisto. Per esempio si ignora come la scelta di Bieber sia caduta proprio su una costruzione moderna e lussuosa ma estremamente essenziale nelle linee e negli arredi che sorge proprio nell'isola dei vulcani, incastonata assieme alla sua piscina in un paesaggio da sogno e non lontana dal mare, quanto Bieber abbia sborsato per penderne possesso e quando abbia intenzione di mettervi piede per la prima volta. Ma qualcuno del suo staff deve avere avuto (forse) l'autorizzazione di mettere a disposizione dei media le foto di questa favolosa casa (in basso) che, c'è da scommetterlo, diverrà senza ombra di dubbio meta del pellegrinaggio di centinaia di sue fans in vacanza sull'isola nella speranza di poter incontrare il proprio idolo e magari scattare un selfie accanto a lui.
Il discusso cantautore nato nel 1994 a One Time e My World, quest'ultimo certificato tre volte disco di platino, incontrando via via sempre maggiore fortuna, fino diventare la star che sappiamo. Sono seguiti altri fortunati brani come Baby, Love Me, Favorite Girl, One Less Lonely Girl e tanti altri,  e altrettanti numerosi premi, e oggi Justin può contare su varie decine di milioni di followers su Facebook e Instagram.
Nato nel 1994 a London (Ontario), come si sa, Bieber ha iniziato la carriera postando su YouTube assieme alla madre alcune sue interpretazioni che, notate dal produttore statunitense Scooter Brown, hanno rappresentato il suo trampolino di lancio nel mondo musicale. Dopo un provino presso una multinazionale della discografia di Atlanta, tra il 2009 e il 2010 ha inciso i suoi primi brani tra cui
Apprezzato per il suo impegno a favore, tra i tanti, della comunità gay e LGBT o dei terremotati di Haiti, è però anche noto per le numerose intemperanze e per certi atteggiamenti eccessivi che gli hanno attirato numerose critiche. E chissà, forse anche per trovare un po' di pace ha scelto di trascorrere periodicamente le sue vacanze in questa stupenda casa di Lanzarote, in un paesaggio lunare e lontano da tutto e da tutti, in compagnia solamente della fidanzata di turno, tra le tante che gli si attribuiscono senza sosta e che suscitano regolarmente l'invidia e le ire delle sue fans.