venerdì 18 novembre 2016

“GRACIAS TIERRA”, UN VIDEO CHE CELEBRA LA MADRE TERRA PROMUOVENDO LE STRAORDINARIE BELLEZZE DELLE CANARIE

                     
                    

Si chiama Gracias Tierra il video promozionale, realizzato da Promotur Turismo de Canarias e premiato con il Maimónides de Plata al primo Festival di Cortometraggi che si è svolto recentemente a Córdoba. Presentato nella sezione ufficiale Spot e Cortometraggi per la promozione turistica riervata esclusivamente alle istituzioni, il video è stato girato per commemorare il Giorno della Madre Terra che si celebra ogni 22 Aprile e in pochi minuti, nelle sue meravigliose immagini, mostra alcune tra le bellezze più suggestive e affascinanti delle isole Canarie come messaggio di ringraziamento rivolto al pianeta per la straordinaria bio-diversità naturale di cui l'arcipelago può disporre. La produzione audiovisiva, realizzata in spagnolo, inglese e tedesco, si inserisce nella categoria Turismo en Espacios Naturales del Plan de Marketing della marca turistica Islas Canarias per il 2016, che include le piattaforme di comunicazione “La energía que te espera” e “Senderos de verdad que parecen de mentira”, ed è stata realizzata utilizzando le immagini di luoghi naturali tratte dal grande archivio di Promotur. Il suo obiettivo secondario è, naturalmente, la promozione delle isole Canarie, rivolta ai potenziali turisti dei diversi mercati europei mediante la diffusione della loro straordinaria ricchezza paesaggistica.

KEVIN PRINCE BOATENG, NUOVA STELLA DELL' UD GRAN CANARIA: «È QUI IL MIO POSTO IDEALE»


«Ho scelto questa squadra perché qui mi sono sentito subito amato» aveva detto lo scorso agosto, durante la presentazione ufficiale a una conferenza stampa, subito dopo il suo ingaggio da parte della UD (Unión Deportiva) Las Palmas. «Qualunque ruolo il mister sceglierà per me, mi andrà bene. Sono già concentrato sulla prima partita, che affronterò con tutte le mie energie». Fin da subito Kevin Prince Boateng si è integrato perfettamente nella nuova squadra in cui gioca da quest'anno, e in poco tempo ha regalato ai suoi tifosi tante emozioni con una già lunga serie di gol degna del gran campione qual è. Ma non solo: con la sua famiglia, la moglie, la show girl, modella e attrice italiana Melissa Satta, e il loro bambino, qui a Gran Canaria ha trovato il posto ideale per vivere. Spesso, come documentano le foto pubblicate dal quotidiano La Provincia, assieme fanno escursioni nei posti più caratteristici dell'isola, intenzionati a conoscerla sempre meglio, anche negli angoli più nascosti e meno conosciuti. Il clima di Gran Canaria, riconosciuto come tra i migliori al mondo, e l'astosfera serena e rilassata che vi si respira stanno facendo bene sia all'ex giocatore tedesco-ghanese del Milan, che con la maglia gialla delle UD Las Palmas  è diventato il nuovo idolo dei sostenitori della squadra grancanaria, sia ai suoi familiari.
«Sono davvero contento di vivere qui perché la gente è molto cordiale e gentile con me e con la mia famiglia» dice Boateng. «Ho avuto un' ottima impressione già al mio arrivo all'aeroporto, la scorsa estate, quando non mi è parso vero di vedere una leggenda del calcio al pari di Messi, Ronaldo o Zidane come Juan Carlos Valerón accogliermi e portarmi la valigia. Un'attenzione che solo qui hanno avuto per me. E poi mi sono anche emozionato durante la mia presentazione ufficiale davanti a migliaia di tifosi della UD Las Palmas radunati nello stadio della capitale grancanaria, le cui porte sono rimaste aperte a tutti coloro che volevano assistere alla manifestazione. Un'esperienza indimenticabile e una circostanza, a quanto mi dicono, del tutto eccezionale. Sono sicuro che Gran Canaria mi porterà fortuna».
E allora… in bocca al lupo, Kevin Prince Boateng. Continua così!



Qui sopra, la show girl italiana Melissa Satta
 durante un'escursione nella parte interna di Gran Canaria
 assieme al marito, il calciatore
Kevin Prince Boateng, e al loro bambino (in alto).  



“AMY LIVES”: I MUSICISTI CHE HANNO SUONATO CON LA GRANDE WINEHOUSE LA RICORDANO ESEGUENDO LE CANZONI CHE L'HANNO RESA FAMOSA



Sopra, alcuni esponenti del gruppo Amy Lives,
protagonista di due concerti a Gran Canaria e Tenerife, all'arrivo
all'hotel Santa Catalina di Las Palmas.
In alto,  la cantante e compositrice inglese Amy Winehouse,
deceduta cinque anni fa.

La maggior parte dei musicisti che hanno accompagnato nei suoi concerti la sfortunata Amy Winehouse, deceduta cinque anni fa, sono in questi giorni a Las Palmas de Gran Canaria e Tenerife e terranno due concerti assieme ad altri musicisti con i quali formano la band Amy Lives. Il loro fine è continuare a suonare e far evolvere la musica di Amy, alla quale ovviamente non pretendono di sostituirsi. Il batterista Nathan Allen, il chitarrista Robin Banerjee, il tastierista Xantoné Blacq, la vocalista italiana Manuela Panizzo e colui che fu il direttore musicale della compositrice e cantante inglese, Dale Davis, assieme a Frank Walden, Henry Collins e Alex Bonfanti, cercheranno di trasmettere al pubblico canario l'energia e la forza che Amy diffondeva attorno a sé con le sue canzoni.
Durante la conferenza stampa di presentazione dei due concerti che il complesso Amy Lives tiene in questi giorni nel teatro Pérez Galdós a Las Palmas de Gran Canaria e nella piazza del Cristo de San Cristóbal a La Laguna (Tenerife), Allen ha ricordato come Amy Winehouse sia stata la prima grande artista con cui ha suonato dopo l'Università e ha sottolineato come abbia seguito la sua evoluzione artistica dagli esordi fino al suo trionfo in tutto il mondo. Ha raccontato di aver conosciuto Amy quando lei aveva appena 17 anni e ha sottolineato come pochi artisti a quell'età hanno il coraggio o la sfrontatezza di affrontare un grande pubblico sulla scena, come li ha avuti lei.
Per Banerjee, che fu il suo chitarrista tra il 2006 e il 2008, lavorare con la grande e indimenticabile artista è stata una esperienza “commovente”. Il musicista ha rivelato come Amy Winehouse fosse una persona affettuosa e materna, che si occupava molto di chi le stava attorno.
Il suo direttore musicale e grande amico, Dale Davis, ha detto che, a distanza di cinque anni dalla sua scomparsa, ogni giorno pensa a Amy, che ha definito come una persona fantastica e molto gentile.
Xantoné Blancq lamenta il fatto che non si sia mai parlato abbastanza di come Amy fosse disponibile verso le persone del suo entourage né del coraggio e della forza che aveva in sé. E ha aggiunto che, sebbene molti si domandino ancora adesso come mai Amy abbia avuto tanto successo, a partire dalla pubblicazione della sua seconda fatica discografica Black to Black risalente a una decina d'anni fa, Amy non poteva non diventare così popolare, vista la forza che trasmetteva alle proprie canzoni e con la quale raccontava anche i lati oscuri della propria vita.
Infine, la vocalista italiana Manuela Panizzo (nella foto in basso con il tastierista Xantoné Blacq) ha rivelato di condividere con Amy la passione per il jazz e il soul, e ha aggiunto di non voler assolutamente sostituirsi a lei, ma di volerne far rivivere la grandezza interpretando al meglio possibile le indimenticabili canzoni che l'hanno resa famosa.




mercoledì 31 agosto 2016

LE “INVISIBILI” PIRAMIDI DI GUĺMAR NEL RACCONTO DI THOR HEYERDAHL


Ecco come l'esploratore norvegese Thor Heyerdahl* (foto sopra) raccontava la scoperta delle “invisibili” piramidi di Guímar, sull'isola di Tenerife, sfuggite perfino all'osservazione degli studiosi dell'Università La Laguna.

Un solo oceano mancava alla mia ricerca lunga una vita. Di fronte a un solo oceano i navigatori adoratori del sole, che hanno innalzato piramidi a gradoni in qualunque luogo i venti, le correnti e la loro perizia li avevano condotti, pareva non avessero lasciato monumenti in onore del loro dio prima che gli europei arrivassero e si dichiarassero “scopritori”: l'Atlantico. Ma ancora una volta la realtà ha saputo superare la fantasia. Improvvisamente, quasi magicamente, una piramide di solida pietra perfettamente preservata mi si è parata di fronte agli occhi nel bel mezzo di una città, su un'isola dell'Atlantico dove giungono ogni anno due milioni di turisti e con un'eccezionale università a mezz'ora d'auto di distanza! La sensazione che si trattasse di magia era enfatizzata dal fatto che questa volta non era stato né il governo né uno scienziato curioso a portarmi a una simile scoperta, ma un gruppo esoterico che era stato attratto da queste strane strutture e le aveva elette a proprio sito per la meditazione.
Il discendente di uno ei primi conquistatori delle isole Canarie, Emiliano Bethencourt, aveva recentemente fondato la Confederazione internazionale di Atlantide e, con un piede nella Terra perduta e un altro nella più realistica ricerca storico-archeologica, stava raccogliendo prove che la misconosciuta popolazione aborigena delle Canarie, i cosiddetti Guanci, aveva costruito piramidi a gradoni e terrazze in pietra su cui venivano celebrate danze e cerimonie in adorazione del dio sole molto prima dell'arrivo degli europei. Portato da alcuni membri della setta esoterica a vedere le impressionanti strutture di Chacona, nel bel mezzo della città di Guímar a Tenerife, egli incoraggiò uno dei suoi amici a raccontare la suggestione “metafisica” di quel sito nella sua rubrica dedicata al paranormale su un quotidiano locale. L'articolo, proprio a causa del contesto, era certo destinato a passare inosservato se non avesse contenuto anche una fotografia che, vista da un turista curioso, è stata diligentemente ritagliata e speditami per posta.
Il mio primo impulso, una volta vista la foto, fu quello di ritenerla uno scherzo: la fotografia evidentemente era stata fatta in Messico oppure un miliardario eccentrico aveva fatto costruire delle piramidi a Tenerife per uno suo sfizio personale. Telefonai comunque a un mio vecchio amico, l'armatore norvegese Fred Olsen, che possiede alcune proprietà alle Canarie. Non avevo ancora guardato per la seconda volta le nuove immagini che mi erano state mandate, questa volta staccate dalla sua famiglia, che ero già a Tenerife assieme a Bethencourt, di fronte alla piramidi di Chacona.
Secondo alcuni, erano state costruite alla fine del secolo da un isolano tornato dall'America, ricco al punto da riempire d'oro la stiva di una nave e di far costruire qui piramidi come quelle che aveva visto laggiù. Seppi più tardi che il ricco emigrante era stato in Venezuela, dove non ci sono piramidi.
Quella sera stessa andai da solo a visitare le imponenti e misteriose strutture di pietra che tutti avevano sotto gli occhi e che nessuno pareva avere mai visto fino ad allora. Ce n'erano parecchie intorno disposte su terrapieni e separate da una piccola valle. Improvvisamente un uomo alto dai capelli biondi apparve al mio fianco e mi chiamò per nome. «Chi sei?», gli chiesi. «Sono un Guanci», mi rispose come se fosse davvero un fantasma del passato. «Credevo non ci fossero più Guanci», dissi, «mi hanno detto che furono tutti sterminati dai conquistatori spagnoli». «Sono un Guanci da parte di madre e di padre» sottolineò lui pacato e io mi sentii obbligato a chiedere: «Allora tu puoi dirmi chi costruì queste piramidi?». Restò in silenzio per un lungo momento poi disse: «Si dice che si tratti soltanto di mucchi di pietre accumulate dai contadini per ripulire i campi…». «E tu ci credi?», gli chiesi guardandolo dritto negli occhi. Egli sostenne il mio sguardo e scosse la testa: «Forse però è stato un bene che questo sia stato creduto».
Da allora capii che una parte della popolazione locale aveva protetto queste antiche strutture pre-cristiane da chi forse avrebbe potuto distruggerle se ne avesse conosciuta la destinazione originaria.
Fred Olsen nel frattempo ha acquistato l'intera area di Chacona nell'intento di proteggerla e ne ha fatto un parco archeologico. E quando i ricercatori dell'Università La Laguna si unirono finalmente a noi per iniziare lo scavo non fu difficile scoprire che non si trattava di mucchi di pietre sovrapposte, ma di strutture architettoniche orientate verso il sole, fatte di pietra amalgamata con ghiaia e argilla, rivestite esternamente con blocchi di lava con la parte a vista ben smussata e in allineamento tanto perfetto da da essere necessaria la perizia di un ottimo muratore dotato di spago e picchetti. Le fessure tra questi sono riempite da frammenti più piccoli, gli angoli sono pietre angolari ben tagliate e le scalinate cerimoniali salgono da ovest a est fino alla cima di ogni piramide, perfettamente piatta e pavimentata per la danza o altri rituali.
Non abbiamo trovato materiale adatto alla datazione con il radio-carbonio, perciò per ora non possiamo dire quando queste piramidi furono costruite. Probabilmente si tratta di monumenti più etnografici che archeologici. Anche se sono probabilmente gli ultimi resti di una antichissima tradizione, è possibile che fossero ancora in uso quando il primo spagnolo approdò sulle isole.
Resta in sospeso una domanda. La domanda che mi porto dietro da tutta la vita: chi furono quei navigatori costruttori di piramidi che qui alle Canarie come in Perù, nell'Asia come nella Polinesia, amavano attraversare l'oceano e adoravano il sole?

Thor Heyerdahl
(tratto da Airone Mare, Estate 1994)




Thor Heyerdahl (Larvik, 6 ottobre 1914  Colla Micheri, 18 aprile 2002) è stato un antropologo, esploratore, regista scrittore norvegese.
Biologo, specializzato all'Università di Oslo in antropologia delle isole del Pacifico, divenne in realtà famoso per la sua attività da archeologo. Infatti mise in discussione le teorie contemporanee sulla diffusione umana via mare sul pianeta, non esitando ad organizzare ardite navigazioni con natanti rudimentali per dimostrare la possibilità di viaggi transoceanici in epoca antica.
I suoi progetti navali si basavano su precise documentazioni storiche o protostoriche ed erano eseguiti con l'aiuto di maestranze indigene abili in lavorazioni simili a quelle antiche. I dubbi della comunità scientifica dell'epoca si riferivano generalmente all'uso di materiali poco noti e ritenuti inaffidabili quali legno di balsapapiro e giunco.
Fu anche autore di documentari sulle sue spedizioni. Kon-Tiki ricevette l'Oscar al miglior documentario nel 1952,[1] mentre Ra(The RA Expeditions) fu candidato allo stesso premio nel 1972.[2]
Nel 1970, con un'imbarcazione di papiro come quelle usate dagli antichi Egizi, il Ra II, attraversò l'oceano Atlantico dalMarocco alle Antille. Nel 1977 un'altra imbarcazione di Giunchi, il Tigris, navigò dalle rovine di Babilonia (Iraq) alle Maldive e da lì a Gibuti.
Grazie alla spettacolarità delle sue imprese, documentate ed esposte nel Kon-Tiki Museet di Oslo, molte delle sue teorie, soprattutto sulle origini delle popolazioni polinesiane, risultarono le più diffuse, anche più di quanto meritassero in termini di conferma. Se, da un lato, gli sviluppi successivi dell'archeologia e della genetica (l'analisi del DNA mitocondriale ha rivelato che le popolazioni polinesiane sono arrivate da Occidente: Corno d'Africa, Centro Asia, India, Indonesia, Australia) sembrano smentire la sua teoria della discendenza delle popolazioni polinesiane e dell'Isola di Pasqua anche da popolazioni amerinde, dall'altro è certo che il suo contributo è indiscutibile sotto molti aspetti.
Ad esempio, la stagione di scavi del 1955 presso l'Isola di Pasqua, in assoluto la prima vera campagna archeologica, ha permesso di chiarire molti aspetti rendendo possibili gli studi successivi, anche quelli che hanno prodotto smentite di alcune sue conclusioni. I suoi studi e le sue spedizioni hanno comunque dimostrato che in epoche molto antiche le rotte marine erano solcate abitualmente e che gli scambi culturali erano molto più fiorenti di quanto si pensasse.
(da Wikipedia)

giovedì 18 agosto 2016

I GUANCI E LE PIRAMIDI CHE COSTRUIRONO A GUĺMAR, SULL'ISOLA DI TENERIFE: IL MISTERO CONTINUA




Immagino avrete sentito parlare dei Guanci, gli antichi e misteriosi abitanti aborigeni delle Canarie, dalle origini sconosciute e poi sterminati durante la colonizzazione spagnola. A me la loro storia ha sempre affascinato e, sorpresa, in un vecchio numero della rivista Airone mare, risalente addirittura all'estate del 1994, ho trovato due articoli molto importanti ed esplicativi su di loro. Mi prendo la briga di riportarli qui, essendo molto lunghi. Ma penso possano dare un contributo alla conoscenza di queste magnifiche isole con la loro significativa storia, troppo spesso conosciute solo per i divertimenti che ora offrono a un turismo di massa, e non per la loro importanza nel mondo antico (e moderno). Ecco dunque il primo dei articoli, di cui è autore l'importante storico Valerio Massimo Manfredi (in un post successivo, il secondo articolo).

di Valerio Massimo Manfredi
Erano lì, sotto gli occhi di tutti, probabilmente da parecchi secoli, e nessuno, si può dire, ci aveva fatto caso. Nemmeno gli studiosi dell'Università La Laguna di Tenerife che sorge a poco più di trenta chilometri di distanza. Ci voleva Thor Heyerdahl ad agitare le acque.
Le Canarie sono il ponte tra Vecchio e Nuovo Mondo, si sa che erano frequentate dai Fenici e dai Cartaginesi, grandi e audaci navigatori che vi facevano sosta nelle loro rotte verso il golfo di Guinea o forse addirittura verso terre ben più lontane. La presenza di piramidi a Tenerife non poteva non interessare l'esploratore norvegese che ha dedicato la vita a dimostrare i contatti tra le antiche civiltà attraverso gli oceani.
Era innanzitutto riuscito a convincere il suo amico Fred Olsen, il noto armatore miliardario, ad acquistare l'intera area in cui sorgevano i monumenti oltre a un vecchio edificio coloniale, forse la più antica costruzione dell'isola di Tenerife che avrebbe potuto ospitare, in futuro, un museo.
Nel 1992 iniziarono le operazioni di pulizia del grandioso complesso, che risultò esteso su una superficie di oltre quarantamila metri quadrati, costituito da una serie di piramidi a gradoni, da lunghe vie, da recinti di muro a secco.
Interpellati, gli studiosi dell'Università La Laguna avevano dato una spiegazione sconcertante: a loro avviso si trattava delle pietre rimosse dai campi dei contadini e ammucchiate in quel luogo. Heyerdahl, ovviamente, non vi credette per un solo momento: troppa era la perfezione delle strutture, il rigore delle forme, l'imponenza delle costruzioni perché si trattasse di casuali mucchi di pietre ammassate. Gli astronomi dell'università rilevarono ben presto che i maggiori monumenti erano perfettamente allineati con la posizione del sole durate il solstizio d'estate mentre un accurato esame delle piramidi permise di scoprire che in taluni casi la roccia sottostante era stata tagliata per mantenere l'allineamento con le strutture murarie. Purtroppo non c'era in nessun luogo uno strato archeologico che potesse essere oggetto di scavo per cui non fu possibile recuperare la cronologia dei monumenti. Appariva comunque abbastanza evidente che si trattava di manufatti di grande pregio e importanza e che, con ogni probabilità, la loro destinazione doveva essere stata di carattere rituale connesso alla civiltà aborigena delle isole Canarie: quella dei cosiddetti Guanci. Ed era forse anche in questo fatto la spiegazione dell'oblio in cui era stato tenuto per tanti anni un complesso monumentale di quell'importanza.
La Spagna franchista, rigidamente centralista, aveva sempre scoraggiato o avversato sia le autonomie sia le culture locali e quindi anche la cultura canaria. Basta incontrare oggi gli studiosi di antichità isolane per vedere come la valorizzazione della storia e dell'archeologia dell'arcipelago sia un tutt'uno con lo spirito autonomistico che rivendica alle Canarie l'indipendenza politica. Taluni si spingono al punto di sostenere che il popolo canario sia legato al mondo africano.
In realtà, degli antichi Guanci non resta praticamente traccia. Nella sfortunata lotta di resistenza contro gli invasori spagnoli nel corso del XIV e del XV secolo, gli aborigeni furono quasi completamente sterminati. Si può dire anzi che l'assoggettamento delle Canarie fu per gli Spagnoli una specie di prova generale per la successiva conquista del Nuovo Mondo.

Cancellati dalla storia. Di origine quasi certamente berbera, come dimostra il loro linguaggio, parzialmente conservato nelle opere degli storici della conquista, i Guanci erano una popolazione primitiva che abitava in tutte le isole dell'arcipelago vivendo prevalentemente di pastorizia e reggendosi con un sistema tribale a capo del quale c'era il guanarteme, ossia il re. Vestivano di pelli rozzamente conciate, si cibavano di farina di miglio bruciata sul fuoco (il gofio), veneravano divinità legate alla natura e imbalsamavano i cadaveri chiudendoli dentro sacche di pelle di capra o dentro sarcofagi scavati nei tronchi d'albero. Ignoravano del tutto la navigazione, tanto che resta ancora un mistero come abbiano potuto emigrare dall'Africa in numero significativo.
La prima esplorazione sicuramente documentata dell'arcipelago risale all'età di Augusto quando il re della Mauritania, Giuba II, alleato di Roma, navigò con una flotta da Mogador e descrisse le isole una per una identificandole poi con le mitiche Isole Fortunate, secondo la definizione di Esiodo che così indicava una sorta di paradiso terrestre degli antichi situato nell'estremo occidente oltre le colonne d'Ercole.
In realtà, stando alla testimonianza delle fonti, è lecito supporre che le Canarie fossero frequentate da molto prima che vi mettesse piede il re della Mauritania. I piloti della sua flotta, in primo luogo, erano certamente Fenici di Lixus o di Mogador, due città che erano quasi certamente la base di partenza per le rotte dell'oro che conducevano all'Africa equatoriale.
È difficile pensare che simili spedizioni, attestate da fonti sia greche sia puniche, ignorassero l'arcipelago canario, preziosa base intermedia per rifornimento di cibo e acqua. Particolarmente interessante è un passo di Pindaro dall'Olimpica II che racconta di un “cammino degli dei fino alla torre di Chronos”, nelle Isole Fortunate. Sappiamo che in età successive l'isola di Tenerife era nota anche come “isola di Saturno”, il dio assimilato al greco Chronos e a fenicio Baal. La “torre di Chronos” di cui parla Pindaro potrebbe essere la versione greca di un'espressione punica che suonava come “la torre di Baal” e che indicava il vulcano Teide nell'isola di Tenerife, vero e proprio punto di riferimento per la rotta verso le Canarie. La sua forma piramidale si accosta benissimo al concetto di torre (nel senso di ziggurat) e lo stesso Heyerdahl racconta che poche ore dopo essere salpato con il Ra da Safi vide all'orizzonte il Teide, coperto di neve e con la sua tipica forma a piramide.
L'opera di Giuba è purtroppo perduta, ma ne resta un breve riassunto nel libro IV nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Tra le altre cose vi si dice che il re trovò in una delle isole dei cani di grossa taglia e ne portò con sé alcune coppie per addestrarli essendo un appassionato cacciatore. E fu da quei cani che l'isola venne battezzata Canaria, nome che fu esteso in seguito a tutto l'arcipelago. Plinio non fa alcune menzione di abitanti ma in un passo successivo della sua opera ricorda un popolo dell'Africa occidentale detto dei Canarii, perché si nutrivano di interiora di animali come fanno i cani. In realtà è noto che ancora nel 1700 quella zona era abitata da un popolo detto Ganar e non possiamo escludere che dal nome dato a questa etnia derivi quello dell'arcipelago, piuttosto che dai cani giganti di Giuba. È interessante comunque notare che esiste tuttora una razza di cani aborigeni chiamati perros majoreros, animali di grossa taglia e di tipologia molossoide, molto simili a quelli rappresentati in un in un famoso bronzo della città di Volubilis in Marocco. Non si può escludere che fossero stati importati nelle isole dai navigatori fenici che li allevavano nel Vicino Oriente.
Quando nel XIV secolo una spedizione portoghese guidata dal capitano fiorentino Angiolino del Tegghia de' Corbizzi riscoprì le Canarie, il suo nocchiero, Niccoloso da Recco, stese un'accurata relazione che confluì poi in un'operetta del Boccaccio, il De Canaria, che potremmo considerare come il primo esempio moderno della letteratura delle scoperte. In questa relazione si racconta, fra le altre cose, che in un tempietto venne trovata la statua di un uomo nudo che teneva una sfera in una mano e copriva le vergogne con il tipico costume canario: una sorta di pantaloni fatti di foglie di palma. Con ogni probabilità si trattava di una statua antica, probabilmente romana, che rappresentava un imperatore e che i Guanci avevano abbigliato alla loro maniera identificandola con una qualche loro divinità.
Purtroppo la conquista spagnola disperse o distrusse in gran parte le testimonianze, certamente preziosissime, delle età più remote della storia insulare e l'occasione irripetibile che si presentò ai primi esploratori del Rinascimento di rilevare una situazione intatta da millenni andò purtroppo in massima parte sprecata. Oggi i reperti della archeologia insulare si trovano per la maggior parte riuniti nei due principali musei di Santa Cruz di Tenerife e di Las Palmas di Gran Canaria e comprendono soprattutto le mummie e i poveri corredi rinvenuti nelle sepolture degli aborigeni. Non sono però trascurabili le testimonianze risalenti all'età antica: una serie di anfore romane rinvenute prevalentemente nelle acque di Lanzarote e non poche iscrizioni romane graffite sulle rocce, sempre a Lanzarote.

Le piramidi dimenticate. È difficile stabilire quale fosse il significato del grande complesso monumentale di Guímar ora valorizzato da Thor Heyerdahl. Una possibilità si può però indovinare nelle descrizione delle isole fatta da Torriani, un architetto del '500: in una stampa è rappresentata una scena della tipica “lotta canaria”, uno sport in cui i contendenti si battono con lunghe pertiche sopra una piattaforma di pietra. Doveva essere, nell'antichità, una lotta rituale, un po' come erano i ludi ginnici presso gli antichi greci e aveva certamente un significato religioso. Può darsi che questo fosse lo scopo o uno degli scopi delle piramidi a gradoni esplorate da Heyerdahl, e presenti, sembra, in altre parti dell'isola.
Da dove gli aborigeni ne avessero derivata la tipologia è ancora un mistero e così pure la sofisticata tecnica di costruzione, assai singolare se si pensa che la cultura dei Guanci non è ritenuta superiore alla fase neolotica. Uomini dell'età della pietra che erigono templi e adorano il Sole? Le mitiche Isole Fortunate, prima descritte dai poeti e poi scoperte dai marinai, non hanno ancora svelato tutti i loro misteri.
                                                                                                                        
                                            


mercoledì 17 agosto 2016

DAME SHIRLEY BASSEY ANCORA EMOZIONATA PER LA SUA VACANZA A GRAN CANARIA, IN CUI HA CONOSCIUTO LA SUA IMITATRICE: ARMANI D'YVINE DUFUSS




La sua visita a Gran Canaria data già qualche settimana fa, ma ancora qui tutti parlano del fascino e della classe di Shirley Bassey, ospite graditissima dell'Hotel Lopesan Costa Meloneras (nella foto in alto è con lo staff dirigenziale) giusto il tempo per passare una serena vacanza nella bella località del Sud dell'isola e assistere allo sfolgorante spettacolo Maspalomas di notte che si tiene tutte le sere al Gran Casino Costa Meloneras e la cui star è… lei, seppure impersonata da un'artista trasformista che la imita alla perfezione. La grande cantante inglese, celebre in tutto il mondo anche per aver interpretato le colonne sonore di tre film della serie di James Bond, ha assistito molto emozionata allo show, del quale i suoi più stretti collaboratori le avevano parlato in termini entusiastici, invitata dai suoi amici Fidel Rodríguez e Manuel Dalgó, direttori dello spettacolo.
Sebbene non si sia esibita in alcuno dei suoi celebri brani musicali, la diva della musica degli Anni '60 e '70, ha voluto passare per il back stage dello spettacolo per salutare tutti gli artisti che vi partecipano e felicitarsi con loro dell'eccellente lavoro. Il momento più emozionante è stato proprio l'incontro con l'artista che da anni la imita perfettamente in tutte le sfumature dei suoi gesti e delle sue espressioni, prendendone in prestito la voce: Armani D'Yvine Dufuss. Nei video seguenti tratti da YouTube, il momento dell'incontro tra le “due” Shirley Bassey e parte di un'esibizione di Armani D'Yvine al locale Fanny Boys del Centro Commerciale Yumbo di Maspalomas-Playa del Inglés nei panni, appunto, della grande cantante inglese. Il loro incontro ha suscitato enorme emozione anche tra gli altri artisti di Maspalomas di notte e tra il pubblico presente, lasciando in tutti, anche nella cantante stessa, un ricordo indelebile nel tempo.





RAY ZAPATA, GINNASTA PER CASO: LA STRAORDINARIA VITA DELL'ATLETA DOMINICANO DIVENTATO CANARIO



La vita di Ray Zapata cambiò completamente dopo aver consultato un medico della Repubblica Dominicana. Allora non aveva ancora compiuto otto anni e soffriva già di mal di testa molto forti. Si trattava di un'emicrania molto severa e preoccupante per la sua età, come gli fu confermato in seguito, ma allora un medico gli diagnositcò per errore un “principio di epilessia”. In realtà non aveva mai sofferto un attacco di questa malattia, tuttavia dovette sottoporsi a un trattamento con farmaci molto potenti e costosi. La sua famiglia, che viveva senza grandi mezzi appunto nella Repubblica Dominicana, non aveva il denaro sufficiente per continuare a comperarli, così i suoi genitori presero una decisione drastica: Raysa, sua madre, sarebbe emigrata da sola alle Canarie, e precisamente a Lanzarote, dove viveva una cognata. Arrivò a Arrecife  e cominciò a farsi in quattro per aiutare il marito e i quattro figli che erano rimasti nel suo Paese d'origine. Lavorando duramente come domestica riuscì a racimolare e a mandare al marito il denaro per comperare le medicine per Ray. Finché un giorno si mise in contatto con un'associazione di malati di epilessia, dove le spiegarono che uno ha o non ha l'epilessia, non può avere “un principio”. A Santo Domingo, il padre convinse di questo i medici che ritirarono la loro diagnosi e tolsero a Ray i farmaci gradualmente.
«Però ci è mancato poco che me lo ammazzassero» afferma adesso Raysa, proprietaria assieme al marito, Julio Zapata, del bar Tinache di Arrecife.
Raysa arrivò a Lanzarote nel 2000 e per garantire la salute del figlio Ray restò più di due anni senza poter ritornare a casa a rivedere i familiari. Finalmente, quando ottenne la nazionalità spagnola, poté chiedere che si ricongiungessero a lei, così da poter curare al meglio il suo Ray. E adesso, dopo sedici anni dal suo arrivo nell'isola dei vulcani, Ray Zapata non solo ha superato completamente quell'episodio della sua infanzia che ha cambiato il suo destino, ma è anche diventato un atleta olimpionico.
Ormai stabilitosi a Lanzarote, dove è arrivato a dieci anni di età, infatti si appassionò quasi subito alla ginnastica artistica. «Era un chico pieno di energie e aveva bisogno di praticare molto sport, per cui cominciò facendo atletica e pallacanestro» ricorda ancora Raysa. «Riuscì ad abbinare entrambe finché scoprì la ginnastica, che è tuttora la sua passione».
«Cominciai a praticarla all'età di undici anni, molto in ritardo rispetto ai miei compagni di club di Arrecife» spiega Ray. «Però, con duri allenamenti, l'anno seguente ero già a un buon livello di preparazione. Tanto che ben presto cominciai a vincere i campionati che si svolgevano alle Canarie, nelle specialità parallele e salto, le mie preferite, nelle quali gareggio a Rio de Janeiro. A 17 anni, dopo aver ottenuto la nazionalità spagnola, mi offrirono di andare ad allenarmi al Centro di Alto Rendimento di Barcellona con la direzione tecnica di Victor Cano. Tre anni dopo, la selezione mi chiamò a far parte della squadra per competere a livello internazionale e così, a 20 anni, decisi di andare a Madrid».
Le giornate di Ray si svolgono sempre in modo molto regolare, settimana dopo settimana. «Mi alzo verso le 9 e faccio colazione» racconta «poi mi alleno dalle 10 fino alle 14, dopo di che  pranzo e faccio una breve siesta. Torno ad allenarmi a partire dalle 16,30, però in maniera molto soft, con fisioterapia, sauna, spa e altro ancora per scaricare  muscoli e riposare. Quest'anno, inoltre, ho deciso di sospendere i miei studi per diventare Tecnico delle attività fisiche sportive e di concentrarmi sulle gare olimpiche, ma dopo Rio li riprenderò».
Ray assicura di accettare senza problemi i sacrifici che la sua attività impone. L'unica cosa che gli pesa di più è stare lontano dalla  famiglia, anche se ormai è un adulto e sa di dover trovare la propria strada in piena autonomia.
«Se la ginnastica ti piace, però, non è assolutamente un sacrifico, ma anzi un'attività che ti dà grandi soddisfazioni» dice convinto Ray, che adesso si allena sotto la guida di Fernando Síscar, il selezionatore spagnolo. «Ma se sono arrivato fin qui devo ringraziare chi, alle Canarie, ha creduto in me e mi ha aiutato anche con contributi finanziari per consentirmi di continuare ad allenarmi e gareggiare. E devo ringraziare anche quella diagnosi sbagliata, che mi ha portato ad approdare all'altra parte dell'Atlantico e mi ha permesso di vivere un autentico sogno».




PER JUSTIN BIEBER UNA CASA PER LE VACANZE A LANZAROTE. ECCO LE FOTO


Alla fine anche Justin Bieber, come tanti altri divi del mondo dello spettacolo, ha ceduto al fascino delle Canarie. È di questi giorni la notizia che il popolarissimo cantautore e musicista canadese, autentica rivelazione della pop music di questo secondo decennio del XXI secolo e indiscusso sex symbol per milioni di teen agers, ha concluso le trattative per l'acquisto di una casa a Lanzarote per trascorrervi le vacanze lontano dallo star system ogni volta che non è impegnato nella registrazione dei suoi favolosi album o nei suoi applauditissimi tour mondiali. Dal suo entourage non sono finora efiltrati particolari circa l'acquisto. Per esempio si ignora come la scelta di Bieber sia caduta proprio su una costruzione moderna e lussuosa ma estremamente essenziale nelle linee e negli arredi che sorge proprio nell'isola dei vulcani, incastonata assieme alla sua piscina in un paesaggio da sogno e non lontana dal mare, quanto Bieber abbia sborsato per penderne possesso e quando abbia intenzione di mettervi piede per la prima volta. Ma qualcuno del suo staff deve avere avuto (forse) l'autorizzazione di mettere a disposizione dei media le foto di questa favolosa casa (in basso) che, c'è da scommetterlo, diverrà senza ombra di dubbio meta del pellegrinaggio di centinaia di sue fans in vacanza sull'isola nella speranza di poter incontrare il proprio idolo e magari scattare un selfie accanto a lui.
Il discusso cantautore nato nel 1994 a One Time e My World, quest'ultimo certificato tre volte disco di platino, incontrando via via sempre maggiore fortuna, fino diventare la star che sappiamo. Sono seguiti altri fortunati brani come Baby, Love Me, Favorite Girl, One Less Lonely Girl e tanti altri,  e altrettanti numerosi premi, e oggi Justin può contare su varie decine di milioni di followers su Facebook e Instagram.
Nato nel 1994 a London (Ontario), come si sa, Bieber ha iniziato la carriera postando su YouTube assieme alla madre alcune sue interpretazioni che, notate dal produttore statunitense Scooter Brown, hanno rappresentato il suo trampolino di lancio nel mondo musicale. Dopo un provino presso una multinazionale della discografia di Atlanta, tra il 2009 e il 2010 ha inciso i suoi primi brani tra cui
Apprezzato per il suo impegno a favore, tra i tanti, della comunità gay e LGBT o dei terremotati di Haiti, è però anche noto per le numerose intemperanze e per certi atteggiamenti eccessivi che gli hanno attirato numerose critiche. E chissà, forse anche per trovare un po' di pace ha scelto di trascorrere periodicamente le sue vacanze in questa stupenda casa di Lanzarote, in un paesaggio lunare e lontano da tutto e da tutti, in compagnia solamente della fidanzata di turno, tra le tante che gli si attribuiscono senza sosta e che suscitano regolarmente l'invidia e le ire delle sue fans.






giovedì 30 giugno 2016

ADRIÁN SANTANA, CAMPIONE DI NUOTO NONOSTANTE IL SUO AUTISMO


Adrián Santana è un ragazzo di 21 anni originario di Arinaga (una località di Gran Canaria) affetto da autismo. Ma il suo disturbo non gli ha impedito di diventare un nuotatore dalle insperate possibilità. Si allena regolarmente con Guana Mendoza, un tecnico che appena saggiate le sue qualità sportive ha subito creduto in lui.
«Fin da piccolo è affascinato dall'acqua che lo rilassa mentalmente» dice Juani Hernández, sua madre. Restava fisso per ore sulla spiaggia di Arinaga e finché la sua pelle non si aggrinzava tutta, dalla testa ai piedi, non usciva mai dall'acqua».
Cinque anni fa è entrato nel suo primo club, il Salinas, con il quale ha cominciato a gareggiare.
Fin dal principio ha dimostrato di avere notevoli potenzialità. L'anno scorso ha cambiato quadra e ha iniziato a far parte del Club di Nuoto Tensalu. Ma subito dopo ha cominciato ad allenarsi contemporaneamente anche con il Metropole, per cui attualmente appartiene ai due club.
Recentemente Adrián ha gareggiato in Dos Hermanas (Sevilla) nel Campionato di Nuoto per Disabili Intellettivi dove si è particolarmente distinto.
«Ha vinto nove medaglie, sette d'oro e due d'argento» dice orgogliosa sua madre. «Inoltre ha stabilito cinque record a staffetta con altri atleti della sua squadra, e uno personale in 200 metri dorso».
Il suo prossimo obiettivo è il Campionato internazionale che si terrà a luglio in Italia e nel quale rappresenterà il Tensalu.
Adrián si allena due ore al giorno dal lunedì al venerdì, e qualche volta anche il sabato, nella piscina di San Fernando nel Sud dell'isola, vicino a Maspalomas.
«È sempre molto impegnato, e ogni giorno dobbiamo andare in macchina dal Nord al Sud dell'isola perché si possa allenare regolarmente, ma questo è ciò che più gli piace e va bene così» dice Juani, contenta anche perché spesso il suo ragazzo si allena con nuotatori normodotati, e questo gli giova molto.
Il giovane nuotatore è stato anche Campione delle Canarie nella categoria S14, la massima per disabili intellettivi, e secondo a livello nazionale.
«Il suo allenatore è molto contento di lui perché dice che ha molte possibilità di migliorare ancora e che con lui è molto facile lavorare perché non si lamenta mai» dice ancora Juani.
Ed è proprio questo è il miglior modo per tentare di realizzare il suo sogno: quello di partecipare ai Giochi olimpici del Giappone. Il cammino sarà lungo, ma Adrián ha dimostrato più del dovuto di voler superare ogni ostacolo e con il suo talento, unito all'impegno e allo sforzo che mette ogni giorno, di raggiungere tutto ciò che si prefigge. Un bell'esempio per tutti i ragazzi disabili che hanno bisogno anche di modelli positivi cui ispirarsi per vincere il proprio handicap.



DIFENDIAMO GLI SQUALI, GARANZIA DI SALUTE ED EQUILIBRIO DEI NOSTRI MARI


Lo scorso 12 giugno è stata una giornata importante per la Alianza Tiburones Canarias, un'associazione che si occupa appunto della difesa degli squali ospitati nelle acque delle Canarie e che per quella data ha organizzato con grande successo e adesione del pubblico una corsa solidale di due chilometri che si è tenuta a Pozo Izquierdo, una località dell'isola di Gran Canaria.
«Gli oceani sono contemporaneamente i polmoni e il cuore del nostro pianeta» affermano all'Alianza. «Proprio come il nostro cuore si contrae per diffondere il sangue in ogni parte del corpo, l'oceano mette in comunicazione le persone attraverso la Terra, in qualunque luogo vivano. L'oceano regola il clima, ogni anno nutre milioni di persone in ogni angolo del mondo, produce la maggior parte dell'ossigeno che respiriamo, è il luogo di un'incredibile varietà di flora ed è fonte di sostanze preziose per la nostra salute. E gli squali, come predatori al vertice delle ricca fauna che l'oceano ospita e spesso prede a loro volta dell'uomo, rappresentano una parte critica di questa biosfera in fragile equilibrio. Perciò, per garantire la salute e la sicurezza delle comunità costiere, è assolutamente necessario che ci prendiamo cura degli oceani. La salute di tutti dipende da un oceano pulito, sano e produttivo. E senza squali perderemo tutto ciò».
Ogni anno in giugno si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani e la Alianza Tiburones Canarias si associa con convinzione a tale ricorrenza mediante un'attività divulgativa e partecipativa estesa a tutta la famiglia, senza limite di età.

venerdì 17 giugno 2016

MIGUEL BOSÉ CANTERÀ A GRAN CANARIA IL PROSSIMO 20 AGOSTO, TAPPA DEL SUO RECENTE “AMO TOUR” CHE SI PREANNUNCIA MEMORABILE


Dopo i grandi successi ottenuti in Messico, Paese dove ormai da alcuni anni è una vera super-star, e in Guatemala, dove ha concluso il suo tour latino-americano il 4 giugno scorso, Miguel Bosé parte alla riconquista della sua Spagna. Sta per portare nel Paese d'origine l'ultimo, spettacolare Amo Tour ispirato al suo ultimo cd intitolato appunto Amo, pubblicato quasi due anni fa, tour che toccherà le principali città della penisola iberica a partire da Valencia, data prevista il 20 giugno prossimoIl 20 agosto invece presenterà per la prima volta il suo innovativo spettacolo alla Gran Canaria Arena, con la collaborazione della Consejería de Deportes del Cabildo. L'artista, che recentemente si è trasferito a Panama, resta molto legato alla Spagna e ha voluto riallacciare il rapporto di stima e affetto con i suoi fan spagnoli in un momento personale e professionale rilevante, che del resto si riflette in modo chiaro e fortunato nello spettacolo che prende il nome dalla sua ultima fatica discografica. «In questo tour» dichiara l'artista «si conclude il ciclo dei “Papiti” che ha avuto una formula spettacolare, più tradizionale e legata ai grandi successi».
Più intimo, più personale. Più Bosé che mai. L'ultimo disco del popolare cantante, Amo, lo ha restituito al panorama musicale alla grande. E il suo Amo Tour è uno spettacolo davvero innovativo, dalla scenografia impattante, che si avvale della più recente tecnologia in fatto di luci, suoni, video e di tutti i supporti tecnici ai quali Bosé ci ha abituati.  Si tratta dello spettacolo più fantasmagorico e avanguardista dell'artista madrileno.
«Voglio che il pubblico sia testimone di tutto ciò che mi ha riguardato nella vita, dalla mia infanzia fino al giorno d'oggi» dice ancora Bosé. «Le mie emozioni, le mie esperienze anche più personali, a cuore aperto. Inoltre nello show c'è un'infinità di elementi spettacolari, dall'aritmetica all'astronomia, dalla biologia alla letteratura e molto altro ancora. È tutto una bellezza unica, con una scenografia che cambia a ogni istante».
L'universo Bosé torna dunque a Gran Canaria dopo anni durante i quali l'artista era stato a lungo assente dall'arcipelago canario, e promette di farlo con uno spettacolo davvero unico, qualcosa che il pubblico canario non può perdere e che non dimenticherà per molto tempo.
I biglietti di ingresso si potranno acquistare in www.boselaspalmas.com, al Centerticket (situato nel Centro commerciale Las Arenas di Las Palmas de Gran Canaria) e in tutti gli uffici postali. Il prezzo di un posto varia da 30€ fino a 82€ per l'ingresso Premium.

domenica 29 maggio 2016

“ÀMATI MOLTO, FROCIO”. È IL TITOLO DI IN LIBRO PROVOCATORIO SCRITTO DA GABRIEL J. MARTIN, UNO PSICOLOGO SPAGNOLO GAY MOLTO NOTO



L'autore lo ha presentato due mesi fa in molte città spagnole, e in poche settimane è diventato un best seller in tutta la penisola, ma in particolar modo a Gran Canaria, dove vive una comunità gay piuttosto consistente. Il libro si intitola (provocatoriamente o no, lo scopriremo tra poco) Quiérete mucho, maricón (“Amati molto, frocio”) ed è stato scritto da Gabriel J. Martín, uno psicologo spagnolo gay molto noto perché ha inaugurato un'inedita branca della psicologia tutta dedicata alla risoluzione dei tanti problemi che i maschi omosessuali incontrano nel corso della propria esistenza, dall'accettazione del proprio orientamento affettivo e sessuale fino ai traumi che subiscono a causa di aggressioni omofobiche. Problemi che Martín affronta sul suo seguitissimo blog nei tanti articoli che si concludono invariabilmente proprio con il saluto “Quiérete mucho, maricón” diventato, appunto, anche il titolo del suo nuovo libro. La pubblicazione ha come sottotitolo la dicitura (nella traduzione in italiano): “Manuale di successo psico-emozionale per uomini omosessuali”). Ed è, come afferma l'autore, un manuale di autostima perché «amando te stesso puoi amare meglio gli altri ed essere felice assieme a loro. Proprio come ti meriti, frocio».



Martín usa in continuazione questo tipico appellativo perché non crede che possa infastidire o offendere qualcuno, dal momento che il suo scopo è proprio l'opposto. Usandolo, intende al contrario scuotere le coscienze degli uomini gay e parlare loro in tono confidenziale, complice e affettuoso.
«Maricón è in fondo un appellativo che due uomini gay utilizzano reciprocamente per servirsi di una marca linguistica di complicità, per stabilire similitudini che esistono tra le loro biografie e indicare che possono intendersi tra loro molto meglio che con altre persone» precisa Martín. «È un termine che uso ben al di là del suo significato insultante e per sottolineare che a farci male non sono le parole bensì le intenzioni. L'hanno usata per tanti anni per offenderci e farci del male, per questo nel libro spiego molte ragioni per le quali vi ricorro continuamente».
Ma quali sono i pregiudizi che più hanno fatto soffrire i gay, secondo Martín?
«Ce n'è uno in particolare nel quale mi imbatto molto spesso negli ambienti in cui domina l'omofobia, ed è la convinzione che l'omosessualità sia qualche cosa che una persona sceglie o che a un certo punto della vita, magari per un qualche errore nell'educazione ricevuta, ha acquisito. Si tratta in pratica dell'eterno dibattito sul fatto se una persona nasce o non nasce gay, che è molto antico e che il mondo accademico ha superato da un pezzo. Ma nell'opinione pubblica questo dibattito è sempre vivo e per questo vale ancora la pena di far luce sull'argomento. Se tu sei convinto che c'è qualcosa o qualcuno che durante la tua infanzia ti ha spinto verso l'omosessualità, avrai sempre la sensazione che al contrario avresti potuto essere eterosessuale e che hai in te una specie di tara. Ma quando ti rendi conto che le cose non stanno così, capisci che sei naturale  e normale esattamente come il tuo fratello eterosessuale».
Dunque, gay si nasce…
«L'evidenza scientifica nega che l'omosessualità sia appresa perché è un modo di vivere che va manifestamente contro ogni legge dell'apprendimento. Si nasce gay e scoprirlo presto o tardi nel corso della propria vita è tutt'altro problema. L'orientamento sessuo-affettivo deve essere considerato innato. L'omosessualità non è qualcosa che si sceglie né una costruzione sociale. Nessuno decide di diventare omosessuale. Il massimo che un gay può fare è provare a vivere la propria condizione con la maggior dignità possibile. Vale a dire non vergognarsi se nell'ambiente di lavoro qualcuno gli rivolge una domanda sulla sua vita privata o se è innamorato e dimostra il proprio amore per un altro uomo in pubblico. Un gay dovrebbe essere assertivo quando ne parla in famiglia e sentirsi molto contento di essere come è. Amando te stesso, puoi amare meglio gli altri ed essere più felice» ribadisce.
Martín è psicologo dal 1996 e da otto si occupa esclusivamente dei problemi sessuo-affettivi di uomini omosessuali.
«In questi anni ne ho “trattati” molte centinaia per diversi motivi - conclude Martín. - Uomini che hanno difficoltà ad accettare la propria omosessualità o che soffrono di stress post-traumatico come conseguenza di comportamenti omofobici subiti, che convivono con l'HIV oppure che hanno problemi con il proprio partner o scarse abilità sociali. Il libro è ricco di casi e aneddoti tratti dai colloqui con miei pazienti».
Un libro di successo, il suo, che meriterebbe di essere pubblicato anche in Italia, dove i gay notoriamente incontrano ancora tanti problemi a tutti i livelli, molti più di quelli che sono costretti a vivere in Spagna.





mercoledì 25 maggio 2016

BRAD PITT A LAS PALMAS DE GRAN CANARIA E FUERTEVENTURA PER GIRARE UN FILM CON MARION COTILLARD: COPPIA SOLO AL CINEMA O ANCHE NELLA VITA?

Sopra, Brad Pitt a Fuerteventura per girare il film Allied del regista Robert
Zemeckis, di cui è protagonista anche Marion Cotillard, l'attrice
francese che si dice abbia preso il posto di Angiolina Jolie nel suo cuore.
 Nella foto sotto, i due attori sul set. In basso, Pitt mentre conversa
con la ragazzina grancanaria che ha aiutato a sottrarre alla calca dei suoi fans. 

                                                     


È sbarcato da un volo charter proveniente dal Regno Unito. E appena è arrivato con la sua corte a Las Palmas de Gran Canaria, dove è sceso al monumentale hotel Santa Catalina, è cominciato l'assedio dei suoi tantissimi fans. Brad Pitt è alle Canarie (Gran Canaria e poi Fuerteventura) per girare parte del nuovo film di Robert Zemeckis Allied, di cui è protagonista accanto all'attrice francese Marion Cotillard, in arrivo direttamente dal Festival di Cannes. E già questo sta suscitando qui a Gran Canaria una gran bagarre, perché i bene informati affermano che i due attori stanno vivendo una love story non solo sul set ma anche nella vita privata. Tanto che Angiolina Jolie, legittima consorte dell'affascinante attore americano, rosa dalla gelosia, ne sta facendo una vera malattia. I maligni dicono che il suo forte calo di peso, collegabile presumibilmente a un periodo di anoressia, sia dovuto all'angoscia nel vedere l'amore di Brad andare in cenere per colpa della collega francese, donna fatale e cinica ammaliatrice. Quello che è certo è che la Jolie non ha seguito il marito alle Canarie, ma è rimasta ad aspettarlo a Londra, dove si gira la maggior parte delle scene del film di Zemeckis (regista di Ritorno al futuro, Contact e Forrest Gump) , che narra una storia sentimental-avventurosa tra Pitt e Cotillard ambientata durante la seconda guerra mondiale. A Londra, Angiolina è impegnata come docente alla London School of Economy, ruolo che le è stato affidato proprio recentemente. 
Per girare le scene (e il primo bacio appassionato tra i due protagonisti del film) nei quartieri dallo stile neo-coloniale di Las Palmas de Gran Canaria, è stato dispiegato un esercito di tecnici, truccatori, cineoperatori, comparse e così via. E per alcuni giorni il traffico della capitale grancanaria è rimasto sconvolto e l'aspetto di alcune delle strade del centro è stato completamente modificato per far sparire ogni traccia di modernità, visto che il film è ambientato nella Casablanca degli Anni '40, dove avviene il fatale incontro fra l'ufficiale dell'intelligence inglese Max Vatan e la combattente della resistenza francese Marianne Beausejour.
L'avventurosa storia continua tra i paesaggi desertici della parte interna di Fuerteventura e delle bellissime spiagge a nord dell'isola. Ed è facile immaginare che il film, la più importante super-produzione cinematografica mai ospitata alle Canarie, sugli schermi di tutto il mondo il prossimo novembre, diverrà un grande spot pubblicitario per le due isole dell'arcipelago.
In tutto questa frenesia, c'è stato posto anche per un episodio che ha commosso molti canari. Nella calca provocata dalla massa di fans accalcati per ammirare da vicino il bel Brad a Las Palmas de Gran Canaria, una ragazzina rischiava di rimanere schiacciata e forse sarebbe finita davvero male se l'attore non l'avesse sollevata di peso al di là delle transenne, portandola in salvo, rassicurata e riconsegnata alla madre. Cosa che ha commosso molti e ha contribuito ad alimentare ancor più il mito di Brad Pitt, star dal fascino irresistibile ed eroe (e papà) dal cuore buono che sta agitando
i giorni e le notti della capitale grancanaria.

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martedì 24 maggio 2016

LA PASSIONE DI YERAI ALONSO? SI CHIAMA CALISTENIA O STREET WORKOUT, LO SPORT CHE SI PRATICA ALLE BARRE




Si chiama calistenia o anche street workout ed è appunto una pratica sportiva “di strada”, che si pone l'obiettivo di potenziare i muscoli e di migliorare il proprio aspetto fisico utilizzando le barre metalliche che si incontrano nei parchi e in altri luoghi pubblici. È uno sport che si va diffondendo sempre più e che nelle Canarie, terra sempre molto aperta alle nuove tendenze, si è definitivamente affermato anche grazie al contributo di Yerai Alonso Febles, un giovane di Santa Cruz de Tenerife che vi si dedica da qualche anno con grande impegno e inventiva, fino a conquistare il titolo di campione delle Canarie. Tanto da convincere le amministrazioni pubbliche locali di scommettere su questo sport e a installare in alcuni luoghi circuiti di barre studiati apposta per la sua pratica. Yerai, 27 anni, è sempre vissuto nei pressi del parco di La Granja, di conseguenza ha sempre avuto contatti con l'attività sportiva che vi si praticava. Ma la passione per lo street workout gli è venuta al termine degli studi in Scienze impresariali e l'inizio della sua attività di esperto contabile. E nel tempo la pratica di questo sport è diventata sempre più preponderante nella sua vita, tanto da diventare per lui una seconda attività. Si esercita da quando aveva 15 anni, e sempre in piena autonomia, senza legarsi ad alcuna associazione federata.
«Il mio unico obiettivo era stare in forma e avere un bel fisico, perciò cominciai ad allenarmi in casa utilizzando tutto ciò che avevo a disposizione» racconta. «Ben presto decisi anche di correre nel parco de La Granja e fu così che scoprii le barre e un nuovo modo di fare attività fisica. Poco tempo dopo avevo già formato un piccolo gruppo di amici che, assieme a me, senza neppure rendersene conto, aveva cominciato a praticare veri e propri esercizi di calistenia. Un giorno qualcuno ci mostrò un video in cui un professionista praticava i nostri stessi esercizi, definendoli street workout. Ci rendemmo conto che ciò che noi facevamo si poteva vedere in altre parti del mondo e cominciammo a dedicarci esclusivamente a questo sport. Poco dopo, chiedemmo alle autorità di Santa Cruz di installare molte altre barre apposite nel parco de La Granja, grazie alle quali abbiamo potuto perfezionarci sempre più in questo sport, fino a raggiungere buoni livelli di abilità».
Yerai assicura che adesso Tenerife è uno dei luoghi che conta sul maggior numero di barre da street workout e che, a poco a poco, si sta adeguando con nuove e migliori strutture alle esigenze di quei ragazzi che in numero sempre maggiore amano questo sport e vi si dedicano. «Ed è così che la Spagna sta diventando un'eccellenza a livello internazionale di questo sport» aggiunge Yerai. «Ora tutti noi stiamo lavorando perché lo street workout diventi uno sport ufficiale».
Il mese scorso, in un meeting che si è svolto a Gran Canaria, Yerai Alonso Febles è stato eletto campione delle Canarie di calistenia nella specialità free style. E la vittoria gli consentirà di rappresentare le sue isole in una gara nazionale che si svolgerà nel prossimo mese di giugno, ma anche di partecipare come giurato al Concorso internazionale che si celebrerà sempre in giugno a Vigo, in Galizia. Anche la sua fidanzata è campionessa canaria di questo sport nella sezione femminile.
Attualmente Yerai dedica molto tempo a internet. «Il nostro è uno sport in cui è alto il valore della collaborazione e dell'amicizia, e così, quando ho raggiunto un certo livello di abilità ho sentito il bisogno di dispensare consigli su piattiaforme come You Tube a tutti coloro che cominciavano ad allenarsi» conclude.
I video postati da Yerai su You Tube hanno visto aumentare progressivamente le visualizzazioni, a causa della lingua spagnola in cui si esprime naturalmente soprattutto in Spagna e Sud America,  e così, da circa un anno, il campione posta ogni settimana uno o più video in cui mostra le serie di esercizi adatti alle singole sezioni muscolari, le gare cui partecipa e momenti della vita quotidiana di un grande sportivo come lui. Qui sotto, eccone un assaggio. Ma su You Tube, appunto, potrete scoprire molti altri video proposti da Yerai.


              

giovedì 14 gennaio 2016

UN IMPORTANTE RICONOSCIMENTO PER LA CUEVA PINTADA DI GÁLDAR (GRAN CANARIA), LA “CAPPELLA SISTINA” DEGLI ANTICHI INDIGENI LOCALI









Il prossimo 3 Febbraio, il Museo e Parco Archeologico della Cueva Pintada di Gáldar (Gran Canaria) riceverà il Premio Internazionale Cicop 2015 per la categoria Conservazione e Restauro del Patrimonio Archeologico, un riconoscimento che giunge al decimo anniversario dalla sua creazione. Una giuria internazionale, formata dal rappresentante di ciascuno dei 17 Paesi in cui è presente il Cicop, Centro Internazionale per la Conservazione del Patrimonio, ha scelto la Cueva Pintada «per il suo contributo a valorizzare il lascito culturale dei popoli, costituendo un apporto eccezionale alla conservazione della sua eredità storica attraverso la salvaguardia e il recupero del patrimonio archeologico e culturale del giacimento, uno dei più importanti centri della popolazione pre-ispanica di Agáldar, l'antica capitale indigena di Gran Canaria».
Il presidente del Cicop in Spagna, Miguel Angel Fernández Matrán, ha spiegato che nelle discussioni che hanno preceduto la concessione del premio, durante la riunione annuale del Cicop a La Havana, Cuba, si è sorpreso nel constatare il «grande prestigio internazionale» di cui gode la Cueva Pintada di Gáldar nell'ambito della comunità scientifica, non solo come referente dei musei archeologici dell'isola, ma anche di tutto l'arcipelago e della Spagna intera.  «Questa è l'immagine delle Canarie che tutti amiamo» ha aggiunto.
Oswaldo Bito, professore di Storia dell'Università di La Laguna, Tenerife, ha esortato a riconoscere l'importanza di giacimenti come quello di Gáldar e ha criticato il fatto che «alcuni lo attribuiscano a un periodo preistorico delle Canarie mentre in realtà si tratta della sua storia, e definiscano le popolazioni dell'era pre-ispanica come aborigene, mentre bisogna definirle indigene».
Il Parco Archeologico della Cueva Pintada si trova appunto nella città di Gáldar, al nord-ovest dell'isola di Gran Canaria. È un dei giacimenti archeologici più rappresentativi delle isole Canarie, con caratteristiche che lo rendono unico in Spagna. In particolare, la Cueva Pintada è considerata la Cappella Sistina degli antichi abitanti di Gran Canaria, essendo un magnifico esempio delle loro capacità artistiche.  La caverna scavata nel materiale vulcanico presenta pareti decorate con motivi geometrici colorati che, per la loro distribuzione regolare, hanno indotto a pensare che potesse trattarsi di una sorta di calendario. Inoltre sono presenti resti di abitazioni al cui interno sono stati ritrovati diversi tipi di utensili.
Il complesso del Museo e Parco Archeologico della Cueva Pintada è stato riaperto il 26 luglio 2006, dopo oltre vent'anni di lavori di restauro.