giovedì 18 agosto 2016

I GUANCI E LE PIRAMIDI CHE COSTRUIRONO A GUĺMAR, SULL'ISOLA DI TENERIFE: IL MISTERO CONTINUA




Immagino avrete sentito parlare dei Guanci, gli antichi e misteriosi abitanti aborigeni delle Canarie, dalle origini sconosciute e poi sterminati durante la colonizzazione spagnola. A me la loro storia ha sempre affascinato e, sorpresa, in un vecchio numero della rivista Airone mare, risalente addirittura all'estate del 1994, ho trovato due articoli molto importanti ed esplicativi su di loro. Mi prendo la briga di riportarli qui, essendo molto lunghi. Ma penso possano dare un contributo alla conoscenza di queste magnifiche isole con la loro significativa storia, troppo spesso conosciute solo per i divertimenti che ora offrono a un turismo di massa, e non per la loro importanza nel mondo antico (e moderno). Ecco dunque il primo dei articoli, di cui è autore l'importante storico Valerio Massimo Manfredi (in un post successivo, il secondo articolo).

di Valerio Massimo Manfredi
Erano lì, sotto gli occhi di tutti, probabilmente da parecchi secoli, e nessuno, si può dire, ci aveva fatto caso. Nemmeno gli studiosi dell'Università La Laguna di Tenerife che sorge a poco più di trenta chilometri di distanza. Ci voleva Thor Heyerdahl ad agitare le acque.
Le Canarie sono il ponte tra Vecchio e Nuovo Mondo, si sa che erano frequentate dai Fenici e dai Cartaginesi, grandi e audaci navigatori che vi facevano sosta nelle loro rotte verso il golfo di Guinea o forse addirittura verso terre ben più lontane. La presenza di piramidi a Tenerife non poteva non interessare l'esploratore norvegese che ha dedicato la vita a dimostrare i contatti tra le antiche civiltà attraverso gli oceani.
Era innanzitutto riuscito a convincere il suo amico Fred Olsen, il noto armatore miliardario, ad acquistare l'intera area in cui sorgevano i monumenti oltre a un vecchio edificio coloniale, forse la più antica costruzione dell'isola di Tenerife che avrebbe potuto ospitare, in futuro, un museo.
Nel 1992 iniziarono le operazioni di pulizia del grandioso complesso, che risultò esteso su una superficie di oltre quarantamila metri quadrati, costituito da una serie di piramidi a gradoni, da lunghe vie, da recinti di muro a secco.
Interpellati, gli studiosi dell'Università La Laguna avevano dato una spiegazione sconcertante: a loro avviso si trattava delle pietre rimosse dai campi dei contadini e ammucchiate in quel luogo. Heyerdahl, ovviamente, non vi credette per un solo momento: troppa era la perfezione delle strutture, il rigore delle forme, l'imponenza delle costruzioni perché si trattasse di casuali mucchi di pietre ammassate. Gli astronomi dell'università rilevarono ben presto che i maggiori monumenti erano perfettamente allineati con la posizione del sole durate il solstizio d'estate mentre un accurato esame delle piramidi permise di scoprire che in taluni casi la roccia sottostante era stata tagliata per mantenere l'allineamento con le strutture murarie. Purtroppo non c'era in nessun luogo uno strato archeologico che potesse essere oggetto di scavo per cui non fu possibile recuperare la cronologia dei monumenti. Appariva comunque abbastanza evidente che si trattava di manufatti di grande pregio e importanza e che, con ogni probabilità, la loro destinazione doveva essere stata di carattere rituale connesso alla civiltà aborigena delle isole Canarie: quella dei cosiddetti Guanci. Ed era forse anche in questo fatto la spiegazione dell'oblio in cui era stato tenuto per tanti anni un complesso monumentale di quell'importanza.
La Spagna franchista, rigidamente centralista, aveva sempre scoraggiato o avversato sia le autonomie sia le culture locali e quindi anche la cultura canaria. Basta incontrare oggi gli studiosi di antichità isolane per vedere come la valorizzazione della storia e dell'archeologia dell'arcipelago sia un tutt'uno con lo spirito autonomistico che rivendica alle Canarie l'indipendenza politica. Taluni si spingono al punto di sostenere che il popolo canario sia legato al mondo africano.
In realtà, degli antichi Guanci non resta praticamente traccia. Nella sfortunata lotta di resistenza contro gli invasori spagnoli nel corso del XIV e del XV secolo, gli aborigeni furono quasi completamente sterminati. Si può dire anzi che l'assoggettamento delle Canarie fu per gli Spagnoli una specie di prova generale per la successiva conquista del Nuovo Mondo.

Cancellati dalla storia. Di origine quasi certamente berbera, come dimostra il loro linguaggio, parzialmente conservato nelle opere degli storici della conquista, i Guanci erano una popolazione primitiva che abitava in tutte le isole dell'arcipelago vivendo prevalentemente di pastorizia e reggendosi con un sistema tribale a capo del quale c'era il guanarteme, ossia il re. Vestivano di pelli rozzamente conciate, si cibavano di farina di miglio bruciata sul fuoco (il gofio), veneravano divinità legate alla natura e imbalsamavano i cadaveri chiudendoli dentro sacche di pelle di capra o dentro sarcofagi scavati nei tronchi d'albero. Ignoravano del tutto la navigazione, tanto che resta ancora un mistero come abbiano potuto emigrare dall'Africa in numero significativo.
La prima esplorazione sicuramente documentata dell'arcipelago risale all'età di Augusto quando il re della Mauritania, Giuba II, alleato di Roma, navigò con una flotta da Mogador e descrisse le isole una per una identificandole poi con le mitiche Isole Fortunate, secondo la definizione di Esiodo che così indicava una sorta di paradiso terrestre degli antichi situato nell'estremo occidente oltre le colonne d'Ercole.
In realtà, stando alla testimonianza delle fonti, è lecito supporre che le Canarie fossero frequentate da molto prima che vi mettesse piede il re della Mauritania. I piloti della sua flotta, in primo luogo, erano certamente Fenici di Lixus o di Mogador, due città che erano quasi certamente la base di partenza per le rotte dell'oro che conducevano all'Africa equatoriale.
È difficile pensare che simili spedizioni, attestate da fonti sia greche sia puniche, ignorassero l'arcipelago canario, preziosa base intermedia per rifornimento di cibo e acqua. Particolarmente interessante è un passo di Pindaro dall'Olimpica II che racconta di un “cammino degli dei fino alla torre di Chronos”, nelle Isole Fortunate. Sappiamo che in età successive l'isola di Tenerife era nota anche come “isola di Saturno”, il dio assimilato al greco Chronos e a fenicio Baal. La “torre di Chronos” di cui parla Pindaro potrebbe essere la versione greca di un'espressione punica che suonava come “la torre di Baal” e che indicava il vulcano Teide nell'isola di Tenerife, vero e proprio punto di riferimento per la rotta verso le Canarie. La sua forma piramidale si accosta benissimo al concetto di torre (nel senso di ziggurat) e lo stesso Heyerdahl racconta che poche ore dopo essere salpato con il Ra da Safi vide all'orizzonte il Teide, coperto di neve e con la sua tipica forma a piramide.
L'opera di Giuba è purtroppo perduta, ma ne resta un breve riassunto nel libro IV nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Tra le altre cose vi si dice che il re trovò in una delle isole dei cani di grossa taglia e ne portò con sé alcune coppie per addestrarli essendo un appassionato cacciatore. E fu da quei cani che l'isola venne battezzata Canaria, nome che fu esteso in seguito a tutto l'arcipelago. Plinio non fa alcune menzione di abitanti ma in un passo successivo della sua opera ricorda un popolo dell'Africa occidentale detto dei Canarii, perché si nutrivano di interiora di animali come fanno i cani. In realtà è noto che ancora nel 1700 quella zona era abitata da un popolo detto Ganar e non possiamo escludere che dal nome dato a questa etnia derivi quello dell'arcipelago, piuttosto che dai cani giganti di Giuba. È interessante comunque notare che esiste tuttora una razza di cani aborigeni chiamati perros majoreros, animali di grossa taglia e di tipologia molossoide, molto simili a quelli rappresentati in un in un famoso bronzo della città di Volubilis in Marocco. Non si può escludere che fossero stati importati nelle isole dai navigatori fenici che li allevavano nel Vicino Oriente.
Quando nel XIV secolo una spedizione portoghese guidata dal capitano fiorentino Angiolino del Tegghia de' Corbizzi riscoprì le Canarie, il suo nocchiero, Niccoloso da Recco, stese un'accurata relazione che confluì poi in un'operetta del Boccaccio, il De Canaria, che potremmo considerare come il primo esempio moderno della letteratura delle scoperte. In questa relazione si racconta, fra le altre cose, che in un tempietto venne trovata la statua di un uomo nudo che teneva una sfera in una mano e copriva le vergogne con il tipico costume canario: una sorta di pantaloni fatti di foglie di palma. Con ogni probabilità si trattava di una statua antica, probabilmente romana, che rappresentava un imperatore e che i Guanci avevano abbigliato alla loro maniera identificandola con una qualche loro divinità.
Purtroppo la conquista spagnola disperse o distrusse in gran parte le testimonianze, certamente preziosissime, delle età più remote della storia insulare e l'occasione irripetibile che si presentò ai primi esploratori del Rinascimento di rilevare una situazione intatta da millenni andò purtroppo in massima parte sprecata. Oggi i reperti della archeologia insulare si trovano per la maggior parte riuniti nei due principali musei di Santa Cruz di Tenerife e di Las Palmas di Gran Canaria e comprendono soprattutto le mummie e i poveri corredi rinvenuti nelle sepolture degli aborigeni. Non sono però trascurabili le testimonianze risalenti all'età antica: una serie di anfore romane rinvenute prevalentemente nelle acque di Lanzarote e non poche iscrizioni romane graffite sulle rocce, sempre a Lanzarote.

Le piramidi dimenticate. È difficile stabilire quale fosse il significato del grande complesso monumentale di Guímar ora valorizzato da Thor Heyerdahl. Una possibilità si può però indovinare nelle descrizione delle isole fatta da Torriani, un architetto del '500: in una stampa è rappresentata una scena della tipica “lotta canaria”, uno sport in cui i contendenti si battono con lunghe pertiche sopra una piattaforma di pietra. Doveva essere, nell'antichità, una lotta rituale, un po' come erano i ludi ginnici presso gli antichi greci e aveva certamente un significato religioso. Può darsi che questo fosse lo scopo o uno degli scopi delle piramidi a gradoni esplorate da Heyerdahl, e presenti, sembra, in altre parti dell'isola.
Da dove gli aborigeni ne avessero derivata la tipologia è ancora un mistero e così pure la sofisticata tecnica di costruzione, assai singolare se si pensa che la cultura dei Guanci non è ritenuta superiore alla fase neolotica. Uomini dell'età della pietra che erigono templi e adorano il Sole? Le mitiche Isole Fortunate, prima descritte dai poeti e poi scoperte dai marinai, non hanno ancora svelato tutti i loro misteri.
                                                                                                                        
                                            


Nessun commento:

Posta un commento