venerdì 17 settembre 2010

IL 25 SETTEMBRE OMAGGIO A CESAR MANRIQUE, L'ARTISTA CHE HA FATTO GRANDE LANZAROTE


Un antico cratere diventato una discarica, con un mulino dismesso nella parte alta. Un tempo chi passava da lì poteva vedere solo questo. Sembrava che dovesse essere per forza così, e così era. Ma ci sono occhi che vedono la realtà sotto una luce diversa. Occhi come quelli di César Manrique. All'inizio degli anni 70 il suo genio creativo, che si esplicava specialmente negli interventi su spazi naturali, si posò su quel cratere. Nel 1973 restaurò la vecchia costruzione che serviva per macinare il gofio. Il progetto definitivo prese forma piano piano e solo nel 1990 le autorità di Lanzarote aprirono il celebre Jardin de Cactus, l'ultimo dei Centros de arte, cultura y turismo scaturiti dalla mente e dalla fantasia di quel geniale artista. Tanto che, per citare un aneddoto poco conosciuto, perfino lo stesso attuale primo ministro italiano Silvio Berlusconi, accompagnato da una corte di guardie del corpo, un giorno volò da Milano per ammirarlo e prelevare campioni, sementi e idee da trasferire nei giardini dei suoi palazzi.
Manrique creava come gli altri mortali respirano: in modo naturale e costante. Frutto di questo eterno fuoco, al margine di un'opera globale che si è andata imponendo nel proprio giusto valore grazie allo sforzo della Fundacion César Manrique, è appunto la rete dei centri turistici. Queste realizzazioni all'interno degli spazi naturali hanno cambiato la rotta di Lanzarote, un'isola ancora negli anni 60 dedita ad attività di pesca e agricole, e sono state il germe del primo turismo, di una concezione unitaria dell'attività artistica e dell'ambiente. Quella che Manrique chiamò “arte-natura/natura-arte”.
Nel caso del Jardin de Cactus, già si conosce il programma delle cerimonie di commemorazione, che avranno luogo il 25 settembre. Quella sera, la spilla d'oro la apporranno a partire dalle 21 i Tre Tenori con la loro attesissima esibizione. Per il giorno successivo, a partire dalle 10, si darà il via a un concorso di pittura riservato a ragazzi e giovani. Inoltre, celebri artisti di Lanzarote e di altre isole dell'arcipelago canario esporranno piccole sculture e altri oggetti ispirati alle realizzazioni di Manrique.
Però, molto al di là di queste commemorazioni, attraverso varie iniziative La Consejeria responsabile di questo settore intende rendere ancora più efficace l'informazione che i turisti e gli abitanti (soprattutto giovani) di Lanzarote ricevono riguardo a ciò che César Manrique ha rappresentato per quest'isola e alla sua opera spaziale. Si parte dal fatto che il logotipo turistico dell'isola è opera sua, nello stesso modo in cui il catalano Joan Mirò firmò il marchio per Turespaña con il suo caratteristico sole.
Fu un aereo proveniente da New York con a bordo César Manrique a cambiare in qualche modo la storia di Lanzarote. L'artista vi giungeva dopo un periodo di tre anni trascorsi nella Grande Mela. Era l'anno 1964 e il figliol prodigo tornava a casa dopo un soggiornono nella Seconda Avenue e dopo le esposizioni dei suoi quadri nella galleria di Catherine Viviano. Aveva sentito irrevocabilmente la chiamata della terra dei vulcani. A partire da lì, e con l'aiuto di collaboratori come Juan Soto e altri, e del sostegno politico dell'allora presidente del Cabildo José Ramirez, si tracciò un raggio di luce sopra la cenere vulcanica, una linea nitida tra il prima e il dopo.
Si può parlare di un rapporto molto intimo. Manrique si mise in relazione con il cuore di Lanzarote come nessun altro. Per questo in una serie dei suoi quadri immagina le creature così come poterono rimanere sommerse dall'avanzare della lava. Suo è anche il disegno che rappresenta il diavolo mentre dà il benvenuto all'entrata del Parque Nacional de Timanfaya per avvisare il viaggiatore che sta per addentrarsi nel regno infernale. Con i suoi pennelli captò i colori del fuoco, di quella luce di Lanzarote che tante volte acceca gli uomini anziché illuminarli, di quel mare così unico, di quelle contadine che sfidano le asperità della natura. Non stupisce il fatto che Rafael Alberti lo abbia definito il “pastore di venti e vulcani”. I centri turistici di Lanzarote sono naturalmente figli legittimi di questa intima relazione tra César Manrique e la soggiogante natura isolana.
Il messaggio di Manrique è rimasto nell'immaginario isolano come un grido contro gli abusi del territorio che lui tanto amò e la cui immagine tanto contribuì a diffondere per il mondo intero. Purtroppo, però, molti a Lanzarote si sono riempiti la bocca del nome di César Manrique ma nello stesso tempo le sue parole sono rimaste loro sullo stomaco. Spesso hanno visto in lui solo la gallina dalle uova d'oro.
Manrique stava creando un'utopia, diceva semplicemente di voler “raggiungere l'impossibile”. E lo ha raggiunto. È insomma il simbolo del vulcano che non smette mai di produrre la sua lava.

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