domenica 30 gennaio 2011

DONNE, VECCHI E BAMBINI SAHARAWI: ORA C'È LA LISTA DEI DESAPARECIDOS DAL 1958 AL 1992


Del problema del Sahara Occidentale (ex colonia spagnola) e della popolazione saharawi, che lotta per mantenere la propria indipendenza ed evitare la colonizzazione del Marocco, ho già parlato recentemente. Ma, nonostante una nota della Comunità europea diretta al governo marocchino che richiama il diritto della popolazione saharauwi all'autodeteminazione e il dovere del Marocco di rispettare tale diritto, la situazione non è molto cambiata. Qui alle Canarie, anche per la vicinanza geografica, il problema è molto sentito e diversi esponenti politici locali sono solidali con quelli saharauwi nel sostenere la loro causa. Sovente arrivano qui dal Sahara Occidentale barconi con profughi intenzionati a richiedere asilo politico alla Spagna e, insomma, si ha l'impressione che la repressione da parte del governo marocchino continui, anche se non se ne trapelano notizie in questo senso anche a causa dell'imponente black out dell'informazione locale.
Come se non bastasse, ora giunge una notizia sconvolgente che riguarda il passato. È stato trovato un documento tenuto a lungo segreto che rivela la sorte di centinaia di persone scomparse dal 1958 al 1992 nel Sahara Occidentale. E si è scoperto così che in carcere sono morti anche adolescenti e neonati. La comunità internazionale ha già mosso le prime critiche al governo marocchino, ma ora ci si aspettano posizioni ufficiali da parte dei governi europei (tra cui quello italiano), che invece, come si sospettava e come si scopre clamorosamente in questi giorni, hanno sempre appoggiato i governi autoritari dei Paesi nord-africani (come Tunisia, Algeria, Marocco ed Egitto), in alcuni dei quali come reazione si stanno attuando le giuste rivolte delle popolazioni represse, sfruttate, depredate per decenni.
Ho scelto di riprendere l'interessante articolo sul ritrovamento di questo documento, firmato da Lucio Luca, e pubbblicato oggi, 30 gennaio, dal quotidiano La Repubblica, per proporlo a chi mi legge. Perché il mondo deve sapere quali barbarie sono state perpetrate in quella terra da parte delle autorità marocchine.

La lista è spuntata a sorpresa, forse per errore, su un sito vicino al governo di Rabat: quello del Royal Advisory Council for Human Rights (CCDH), una istituzione creata per scoprire le violazioni dei diritti umani e promuovere la riconciliazione nazionale. Un elenco dettagliato, terribile, tenuto nascosto per decenni e destinato, probabilmente, a restare segreto per sempre. Perché contiene nomi e storie dei desaparecidos saharawi, 352 persone arrestate e sparite nel nulla dal 1958 al 1992, combattenti del "popolo del deserto" che lottavano per l'autodeterminazione e la sopravvivenza stessa di una comunità che vive in condizioni drammatiche. "Il documento della vergogna", lo definisce il giornalista Malainin Lakhlal, in questi giorni in Italia grazie a un programma di aiuti umanitari portato avanti dal Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli), la regione Emilia Romagna, il Comune e il Polo didattico scientifico di Forlì.
Sono un migliaio i nomi riportati nella lista, 352 dei quali, come detto, saharawi. E decine sono anche le storie di vecchi, donne e bambini di cui non si sa niente ormai da più di trent'anni. Bambini, sì. Anche loro. Adolescenti, ma anche neonati portati via insieme alle madri e morti nelle carceri lager di Agdez e Kalaat Magouna: "Due penitenziari dell'orrore", li definisce Lakhlal, segretario dell'Unione Periodistas y Escritores Sahrawi (Upes).
Nelle carte si parla di 115 bambini finiti in carcere, 14 dei quali morti dietro le sbarre. C'è Aziza Brahim Sid, catturata con la madre nel 1976 - un anno dopo la "gloriosa" Marcia verde dell'esercito di re Hassan II - Era appena nata, non riuscì a resistere al freddo e morì di stenti ad appena tre o quattro mesi. Reguia Zahou, invece, aveva 13 anni quando i militari assaltarono il villaggio nel quale viveva insieme al fratello Mohamed e alla sorella Safia. Dopo sette mesi le sue condizioni di salute si aggravarono, con ogni probabilità anche lei morì in carcere. E anche di Mohamed e Safia da quel giorno non si è saputo più niente.
El Walid Belgadi Mahfoud aveva soltanto due anni nel 1977, quando fu portato in carcere insieme a tutta la sua famiglia. Rimase in una cella buia della base militare di Smara. Qualche tempo dopo la madre venne rilasciata, ma il bambino era già deceduto da mesi. E poi Mustapha, Abderrahman, Mohamed, Horma, Taleb, Brahim, Bachir: nomi diversi, storie tutte tremendamente simili. Piccoli rubati all'adolescenza e morti dietro le sbarre senza aver mai capito il perché.
Nella lista i nomi di almeno undici donne, tredici giustiziati dalla Corte marziale subito dopo la "Marcia verde" e centinaia di desaparecidos per i quali, da anni, le ong di tutto il mondo chiedono giustizia. In particolare, dal 1961 (il Sahara Occidentale era ancora sotto il controllo spagnolo) al 1992, furono almeno 191 i morti in carcere. Ma c'è anche un lungo elenco di numeri, freddi e impietosi, dei caduti in battaglia, dei deportati, di chi ha resistito per qualche giorno in ospedale dopo i combattimenti ma poi ha cessato di vivere.
L'associazione
Rights Monitoring 1 ha chiesto e ottenuto la traduzione del report che sarebbe dovuto rimanere nascosto al grande pubblico. Adesso, però, l'elenco è finito in rete: "Nel corso degli anni - si legge - il Marocco è stato accusato di un uso sistematico di detenzioni extragiudiziarie e uccisioni, specialmente contro chi si è opposto all'occupazione del Sahara Occidentale. Questo è stato negato categoricamente da autorità marocchine. Fin dagli anni Novanta - rileva il Royal Advisory Council for Human Rights - i diritti umani sono stati gradualmente rispettati. Ma in particolare nel Sahara Occidentale, gli abusi rimangono la norma".
"Il documento è tradotto in inglese, ma presto sarà disponibile anche in altre lingue - spiega Malainin Lakhlal - perché vogliamo che tutto il mondo sia messo a conoscenza di questi crimini. Nella speranza che l'Occidente, questa volta, decida davvero di intervenire a favore di un popolo che chiede solo di non essere colonizzato".

(nella foto da repubblica.it, rifugiati saharawi in un campo profughi)

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