venerdì 12 marzo 2010

PAQUITA, LA MADRE CORAGGIO DELL'ISOLA DI FUERTEVENTURA


Il viso di Francisca Perez, da parenti, amici e conoscenti chiamata Paquita, riflette non solo il trascorrere inesorabile del tempo, ama anche il dolore e la sofferenza per i colpi bassi che la vita le ha inferto. Da quarantacinque anni assiste un figlio affetto da paralisi cerebrale che lo costringe a vivere a letto.
Per Paquita però ci sono altre ferite che non è possibile cicatrizzare nonostante il tempo trascorso, specialmente la morte di suo figlio Manolo, scomparso ancora molto giovane, e quello di suo marito. Ma non è tutto: ad aggredire la sua anima e il suo coraggio sono arrivati anche un tumore all'utero e tre interventi chirurgici per curare varie ernie causate dai continui sforzi fatti nel curare il suo figlio infermo. Ma nonostante tutto ciò, questa straordinaria donna di 72 anni originaria di Gran Canaria, mostra un ottimismo eroico.
Paquita è nata in una famiglia molto umile, perciò da piccola si è vista obbligata a lavorare facendo pulizie nelle case di famiglie agiate de la Calle de Triana, nel cuore antico della capitale grancanaria Las Palmas. Si è sposata a solo 22 anni con manuel Perez e dalla loro unione sono nati sei figli: Conchi, Manuel (ovvero Manolo, già deceduto), Pepito, Marisol, Araceli e Falo.
«Sono loro la mia realizzazione come madre e come moglie» dice orgogliosa, mentre dà da mangiare a suo foglio Pepito, come lo chiama affettuosamente.
La morte dell'altro figlio, Manolo, avvenuta nel 1988, è stata una delle esperienze più devastanti che ha dovuto sopportare. Ma anche la nascita dell'altro figlio, Pepito, avvenuta nel 1965, ha rappresentato per lei un vero dramma.
«In clinica non mi hanno assistita come dovevano» lamenta. «Solo quando la mia creatura stava quasi per cadere a terra si sono preoccupati di me. Il bambino è nato con dei problemi e da allora è a letto, immobile e senza poter comunicare: questa è la cruda realtà».
Paquita è sempre stata accanto al figlio malato. Notte e giorno.
«Non ho mai voluto pagare nessuno per la sua assistenza» racconta. «Siamo state sempre io e le sue sorelle ad accudirlo. Ora, da un anno circa, tre giorni alla settimana vengono anche alcune assistenti sociali del Comune di Puerto del Rosario ad aiutarci perché io non ce la faccio più, non ho più la forza per sollevarlo».
La vita di Pepito trascorre lentamente in una piccola stanza. È sempre disteso. Esattamente come il primo giorno in cui è venuto alla luce.
«Non si è mai potuto muovere, ma noi lo vediamo contento perché è ben assistito. A volte diventa nervoso e soffre di attacchi epilettici, però è un figlio straordinario».
Doña Paca, come la chiamano tutti nel quartiere Fabelo della capitale di Fuerteventura, esprime un disperato desiderio: «Prima che io muoia, è meglio che Pepito se ne vada. Non voglio creare problemi a nessuno».
(libera traduzione e foto da laprovincia.es)

Nessun commento:

Posta un commento