martedì 16 marzo 2010

IL SAR, “ANGELO“ CHE HA SALVATO 2232 NAUFRAGHI NELLE ACQUE CANARIE


Nei suoi 55 anni di esistenza e nel corso delle sue 6400 missioni, il Sar, Servizio di ricerca e salvataggio delle Canarie, è riuscito a strappare dalle insidie dell'Oceano Atlantico ben 2232 persone, alcune delle quali in situazioni limite, che a bordo di imbarcazioni in balia di onde anche di sette metri, sono sfuggite al pericolo proprio grazie all'intervento dei suoi elicotteri.
Il Sar è nato nell'ambito del Convegno internazionale di Chicago, con lo scopo di coinvolgere i paesi aderenti alla creazione di missioni “atte a localizzare le imbarcazioni sinistrate all'interno dello spazio spagnolo e far giungere il più rapidamente possibile i soccorsi necessari, così come cooperare con altri organismi civili e militari in caso di incidente, calamità pubblica o catastrofe che richieda la sua collaborazione”.
Tra gli anni '60 e '80 numerosi sono stati i casi in cui il Sar ha organizzato, per esempio, l'evacuazione di persone in difficoltà per gravi motivi di salute dalle isole minori verso Gran Canaria o Tenerife. E grazie al Sar molte nascite sono avvenute scongiurando i rischi per madre e bambino nei casi di parto difficile.
Tra gli episodi più difficili e impegnativi, al Sar ricordano quello di Eleonora, una giornalista, fotografa e attivista ambientalista italiana che, in viaggio assieme all'amico Massimo su un veliero 3C dall'Italia ad Antigua, nei Caraibi, nel dicembre del 2000 si trovò in una situazione assai pericolosa. Passata Gibilterra, si trovarono nel mezzo di una violenta burrasca che danneggiò gravemente l'imbarcazione a 150 miglia dal Marocco e a 400 dalle Canarie. La violenza delle onde causò gravi conseguenze al quadro elettrico e alla parte interna dell'imbarcazione. I due naviganti lanciarono un messaggio via internet a familiari e amici. Poi presero acqua, alimenti GPS e tutto quello che poterono per trasferirsi sullo Zodiac di scorta, ma non fu impresa facile.
«Lo spettacolo delle onde alte sette metri era allo stesso tempo grandioso, fantastico e terribile» ricorda Eleonora. «In quei momenti drammatici, il tempo vola perché hai tante cose da fare e contemporaneamente devi stare attenta se vedi passare miracolosamente un'imbarcazione o un aereo».
Mentre questa terribile avventura si svolgeva, intanto, la sorella di Eleonora lanciò un primo allarme alle capitanerie di porto italiane. Poi riuscì a mettersi in contatto con un radioamatore di Gran Canaria, il quale avvertì il Sar.
«Speravamo che sarebbero venuti a cercarci abbastanza facilmente, perché la barca era visibile, oppure che, nel peggiore dei casi, in due o tre giorni la corrente ci avrebbe spinti verso la costa» aggiunge la giornalista. «Per fortuna avevamo acqua e cibo sufficiente per sopravvivere durante quel tempo».
La sera stava sopraggiungendo e i due lanciarono via satellite un messaggio che risultò determinante per la loro localizzazione.
La giornalista ha nei suoi occhi ancora ben viva l'immagine del salvataggio.
«Da dietro una nuvola apparve finalmente un elicottero, dal quale si calò un angelo per salvarci» ricorda ancora. «Mi misero un'imbracatura e mentre alla fine venivo sollevata dallo Zodiac, l'oceano mi ghermì con un un'onda gigantesca. E quando fu il turno del mio amico, avvenne la stessa cosa con lui, tanto che nell'impatto perse la macchina fotografica con dentro tutte le immagini di quella spettacolare tempesta. Ma che importava? Eravamo salvi. Se solo quelli del Sar avessero tardato un po', sarebbe calata la notte e noi saremmo stati condannati a morire. Per fortuna sono arrivati presto: in fondo, quella piccola imbarcazione era davvero scomoda!» conclude con ironia.

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